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Cinespresso | April 27, 2024

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Il lungo viaggio verso casa. “Tir”

Il lungo viaggio verso casa. “Tir”
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
7
Regia
6
Script
5

Rating

Fasulo, anche direttore della fotografia, orchestra una costruzione filmica estremamente realistica, al confine del documentario. E aderente alla realtà fino alla noia.

Anno: 2013 Durata: 85′ Distribuzione: Unknown Genere: Docu-fiction, Drammatico Nazionalità: Italia, Croazia Produzione: Nefertiti Film Regia: Alberto Fasulo Uscita: Unknown

Premiato con il Marc’Aurelio d’Oro come Miglior Film del Festival di Roma, ecco Tir

Salire sul Tir dei vincitori… Pardon, sul carro. Il detto diceva sul carro. A parte tutto, il film di Alberto Fasulo ha vinto davvero. Non è uno scherzo. Branko (Branko  Završan) è un camionista slavo che viaggia con il collega Lučka (Lučka Počkja) tra Italia e Slovenia. L’autostrada è fatta di solitudine. Albe lontane al volante di notte, telefonate tarlate di gelosia con una moglie nostalgica, pasti tristi e frugali a metà tra il campeggiatore e un senza tetto. Docce che scarseggiano, e l’unica vera compagna che non ti abbandona proprio mai è l’autostrada.

L’ambiente claustrofobico dell’abitacolo regala giusto la luce dal parabrezza. I panorami sono delimitati dal guardrail e l’offerta di tornare a insegnare per un anno, in bilico tra la sua vita e quell’interminabile grigio ripiego, immobilizza Branko in una non-scelta. A fare il camionista si guadagna il triplo. L’anima è venduta. L’uomo affronta il calvario di un’occupazione fiorente ma debilitante. Si comprende nei suoi silenzi la necessità di giornate più umane. Il protagonista porta con sé un’eleganza soffusa, troppo a lungo dimenticata. La sua lotta quotidiana è quella contro le condizioni limite, contro il sonno, contro i chilometri. Una lotta per la dignità di un lavoratore. Di un uomo.

Fasulo, anche direttore della fotografia, orchestra una costruzione filmica estremamente realistica, al confine del documentario. E aderente alla realtà fino alla noia. Sì, la noia di viaggiare per ore, giorni magari, o anche soltanto per meno di un’ora e mezza (la durata del film). La storia è lineare, forse anche troppo. Pochi i personaggi, una donna al telefono, il colpo di scena dello scambio per il bravo protagonista, riallontanandosi dal focolare domestico alla guida di un altro automezzo, questa volta pieno di maiali.

Qualcuno diceva: È uno sporco lavoro, qualcuno deve pur farlo. E Fasulo lo fa. Nella forma e nella sostanza. Da questo punto di vista il coraggio di narrare un’inesorabile banalità d’asfalto fa onore all’autore e quanti hanno contribuito al film. Altro è quell’oggetto chiamato pubblico. Sarà affascinato dall’opera o quest’ultima verrà bollata come film d’autore dove non succede niente o quasi? Sarà issato a capolavoro, o a pellicola incomprensibile da programmazione notturna in tivù? Questa è soltanto la voce del futuro. E ad essa siamo ancora sordi.

Certo – e non è esterofilia – viene da chiedersi cosa abbia in più questo Tir rispetto agli Her, ai Dallas Buyers Club, o anche a un Volantin cortao o The Mole Song. La consolazione è che il film è italiano. Perciò l’Italia stavolta ha vinto. Godiamoci questa vittoria in santa pace allora.

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