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Cinespresso | April 27, 2024

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The Great Wall, la recensione

Ireneo Alessi

Review Overview

Cast
6.5
Regia
6.5
Script
5.5

Rating

Non esalta il mix di sci-fantasy in salsa storica che in questi giorni sta martellando con le sue inserzioni tutto l’etere conosciuto. Il cast favella e sa intrattenere suo malgrado, ma la sostanza del film, troppo disciplinata e misurata, non raggiunge mai l’acme nemmeno durante la battaglia. Un titolo visivamente ben curato come ci si aspetterebbe del resto dall’operato di Zhang Yimou per una grande operazione cinematografica che rimane tale solo sulla carta.

Anno: 2016 Distribuzione: Universal Pictures Durata: 104’ Genere: Avventura, Fantasy Nazionalità: Usa, Cina Produzione: Legendary Pictures, Atlas Entertainment Regia: Zhāng Yìmóu Uscita: 23 Febbraio 2017

Con un budget di oltre 135 milioni di dollari, arriva nelle sale italiane il film interamente girato in Cina più costoso di sempre. Un’avventura fra leggenda e fantasia affidata a un cast di tutto rispetto capitanato da Matt Damon

Da sempre cornice di film e opere di fantasia in genere, la Grande Muraglia Cinese, visibile distintamente persino dallo spazio, si appresta per essere letteralmente palcoscenico di un film tutto suo con The Great Wall di Zhang Yimou, regista noto per Lanterne Rosse, divenuto, poi, autore di spettacolari titoli come Hero e La Foresta dei Pugnali Volanti.

Questo è il primo film ‘made in China’ girato in lingua inglese da un regista cinese con un protagonista americano, vale a dire il premio Oscar Matt Damon (Sopravvissuto – The Martian, la saga dei The Bourne).

Con i suoi quasi 9mila Km, l’immensa struttura patrimonio dell’Unesco, costruita all’incirca dal 215 a.C. per volere del primo Imperatore della dinastia Qin, è stata per secoli un baluardo contro numerose minacce, alcune realmente avvenute, altre contornate da un’aurea di mistero e leggenda.

Damon interpreta William Garin, un mercenario dalle straordinarie qualità di arciere che dopo aver lottato in numerose battaglie, si spinge insieme al fidato compagno d’armi Pero Tovar, (l’apprezzato Pedro Pascal di Narcos e Trono di Spade), alla ricerca della misteriosa “polvere nera” custodita dall’Ordine Senza Nome. Fatti prigionieri all’interno della muraglia, i due sono testimoni di un’oscura minaccia che viene da molto lontano: i “Tao tei”, esseri spregevoli che su ordine della propria regina infestano ogni 60 anni quelle terre alla ricerca di nuove prede… Altro che “lunga vita alla regina”!

Arruolati tra le file di un esercito che non sentono ancora dalla loro, i due dovranno gettarsi nella mischia per difendere la fortezza e salvare la pelle da un attacco soprannaturale che minaccia l’intera umanità. Nel cast anche Willem Dafoe nel ruolo di Ballard, un misterioso prigioniero che progetta da anni una fuga con ‘benefit’ volta a trafugare la letale polvere da sparo. Ad aumentare il valore della produzione vi sono anche alcune delle star più celebri del panorama asiatico, fra attori di lunga data e nuovi astri nascenti come Andy Lau, Tian Jing, Hanyu Zhang ed Eddie Peng.

La pellicola è girata da manuale. Infatti, per mettere in scena The Great Wall, Yimou ha messo insieme un formidabile gruppo di attori e tecnici, il meglio che si possa trovare fra Oriente e Occidente. Il suo tallone d’Achille risiede per lo più nella storia proveniente dalle penne di Carlo Bernard e Doug Miro (Prince of Persia – Le Sabbie del Tempo), e da Tony Gilroy (The Bourne Legacy), su un soggetto nato della cooperazione tra Max Brooks, figlio del celebre MelEdward Zwick e Marshall Herskovitz de L’Ultimo Samurai.

Damon e Pascal sono dei veri e propri ‘matador’ nel film, lasciandosi dietro una scia di morte chiara come una miriade di lanterne su un cielo stellato! La loro sinergia dimostra la sacralità di valori quali l’amicizia e, al contempo, come in guerra non ci sia posto per i sentimenti. Si cavalca e si tira con l’arco sin dall’inizio, non mancano scene adrenaliniche, pur tuttavia sono sempre riconducibili all’estetica della regia.

Troviamo sì quell’enfasi di stampo hollywoodiano ma più ordinata e, in un certo senso, declinata al servizio di un “oriental way”. Ricreare in modo suggestivo e allo stesso tempo autentico l’imponente presenza scenica di un’opera costruita in ‘appena’ 1700 anni, con i suoi meandri e sistemi difensivi, non era facile. Di sicuro non sarà il titolo migliore dell’anno, ma la macchina cinese con i numeri e con la perseveranza che ormai la contraddistingue, mette a segno, in tal senso, un ‘dardo’ importante che delineerà il prossimo futuro dell’industria cinematografica. Nel frattempo, non possiamo che dare ascolto ai protagonisti del film praticando lo “xinren” ovvero la fiducia.

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