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Cinespresso | April 26, 2024

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Life – Non oltrepassare il limite, la recensione

Ireneo Alessi

Review Overview

Cast
7.5
Regia
7.5
Script
6.5

"Limitato"

Secondo il principio di Pareto ossia della cosiddetta "legge 80/20", la maggior parte degli effetti è dovuta a un numero ristretto di cause. Parametri esigui quanto determinanti per la piena riuscita in ogni ambito. Come intuibile, questo "Life" pur avendo dalla sua un buon 80% non riesce a stagliarsi come dovrebbe nell'olimpo dei titoli fantascientifici, ahimè penalizzato da un plot già visto, una sceneggiatura non all'altezza e dall'ambizione di spaziare fra più generi. Peccato!

Anno: 2017 Distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia Durata: 103’ Genere: Fantascienza, Orrore, Thriller Nazionalità: Usa Produzione: Columbia Pictures, Skydance Regia: Daniel Espinosa Uscita: 23 Marzo 2017

Jake Gyllenhaal tra i protagonisti di un nuovo thriller soffocante, ambientato nello spazio, per una missione di ‘vitale’ importanza

Marte. Sono numerose ormai le opere che gravitano attorno al Pianeta rosso. Persino un giovane David Bowie, nei primi anni Settanta, ne rendeva omaggio in Life On Mars?, uno dei testi musicali più enigmatici e surreali della discografia mondiale. L’artista come l’uomo dopotutto ha da sempre subito il fascino delle stelle e il desiderio di raggiungerle. L’origine stessa della parola desiderare, dal latino “de-sideribus”, vuol dire letteralmente “mancanza di stelle”, uno stare in attesa di qualcosa. L’assenza che si fa attesa e tensione, due ingredienti di cui è abbondantemente farcito il nuovo film di Daniel Espinosa, regista di Child 44 e Safe House con Denzel Washington e, tra l’altro, Ryan Reynolds, uno dei sei protagonisti di questo Life – Non oltrepassare il limite.

Da Matrimonio impossibile (il plurale per lui sarebbe d’obbligo), l’irrequieto Ryan ne ha fatta di strada. Con una carriera continuamente sul filo della “lama” con titoli quali Blade: Trinity, X-Men le origini – Wolverine, fino al riuscitissimo Deadpool, per l’attore volto dei cinecomics è finalmente giunto il momento di conquistare anche lo spazio.

Ritornando alle parole di Bowie, il film, per fortuna, non è di “una noia mortale”, al contrario è una vera roulette russa, dove i protagonisti, in primis Jake Gyllenhaal e Rebecca Ferguson, dovranno vedersela con un organismo che potrebbe essere fra le cause dell’estinzione del pianeta. I sei membri dell’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale hanno, infatti, il compito di studiare “Calvin”, il campione extraterrestre tutto muscoli e cervello, ribattezzato per l’occasione. Sei contro uno è una bella scommessa. Ma portare a casa il risultato non sarà tanto semplice, specialmente se quell’unico essere è veramente responsabile della morte di Marte.

L’approccio scelto per la costruzione del film è di un thriller dalla storia verosimile, basato cioè su fatti che potremmo trovare realmente un domani sfogliando il nostro quotidiano mentre sorseggiamo una tazza di caffè. In questo è stato fondamentale il dialogo con astrobiologi, esperti di medicina spaziale e altri scienziati per ricreare gli ambienti all’interno della nave ma anche per dare alla nuova forma di vita sembianze originali e al contempo basato su principi biologici autentici.

Il coinvolgimento sociale e l’opinione pubblica, inoltre, hanno un ruolo decisivo. Tuttavia, il legame viene velocemente reciso per dare spazio alle vicende a bordo della stazione spaziale, non senza un lieve disappunto. Questa scoperta potrebbe dare una svolta epocale all’umanità eppure proprio la Terra ne esce ridimensionata. Il mondo è quel luogo abitato da 8 miliardi di individui, un globo pulsante e pieno di anime, tuttavia la vita ‘vera’ per loro è negli abissi della galassia, non importa se tra mille incognite, continui ronzii e vicissitudini crescenti. Per essa e per un briciolo di conoscenza in più ne vale comunque la pena.

“Buonanotte Luna, buonanotte piuma… buonanotte luce, sei una grande fortuna. Buonanotte stelle…”

Dei tre attributi cinematografici che lo definiscono, la componente horror è quella meno sviluppata. Ci troviamo, infatti, davanti a un buon thriller in ambientazione sci-fi. Né più né meno. Sul piano emozionale invece, Life è un gradino sotto il livello di Gravity e di The Martian dato che una buona parte del film è occupata dall’incessante rincorrersi in stile “gatto e topo” tra i superstiti dell’equipaggio e l’alieno. Manca la lungimiranza di titoli come Interstellar nonché la presenza di autentiche sequenze horror per poterlo affiancare ad altri cult del genere come Alien. Persino lo sviluppo così come il comportamento del simbionte Calvin è deludente.

Per contrappasso, quel “limite” non viene mai raggiunto e il film va verso un epilogo convenzionale. Tuttavia, proprio il finale aperto fa ben sperare in un futuro riscatto e magari in qualche piacevole sorpresa. Dopotutto, i rumors su una possibile connessione con Venom, per quanto infondati, non sono ancora stati smentiti…

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