Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Cinespresso | April 26, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

Amy

Valentina Zaccagnini

Review Overview

Cast
7
Regia
7
Script
7

Rating

Asif Kapadia è nato a Londra nel 1972 e ha origini indiane. La sua carriera di regista inizia nel 1994 con il cortometraggio “Indian Tales” ma il successo vero lo raggiunge nel 2002 col pluripremiato “The Warrior”. Dopo “Ayrton Senna” (2010), il regista presenta il documentario “Amy” in anteprima mondiale al Festival di  Cannes 2015.

Anno: 2015 Distribuzione: Nexo Digital, Good Film Genere: Documentario Durata: 128′ Nazionalità: UK Produzione: Playmaker Films, Universal Music Regia: Asif Kapadia Uscita: 15-16-17 Settembre 2015

Commovente e profondamente rispettoso il documentario del regista inglese Kapadia sull’incredibile talento di Amy Winehouse, jazz-singer e vera icona di stile entrata definitivamente nel mito il 23 luglio 2011

È difficile non farsi prendere al cuore, mentre Tony Bennett la premia per il miglior disco del 2008. Si pensa che non è proprio possibile che le cose siano andate poi in quel modo, nonostante la prevedibilità degli eventi.

Per tutte queste ragioni  – riconducibili, lo ammetto, all’ amore piuttosto che al cinema – ho sgomitato lungamente per vedere il nuovo e attesissimo doc di Asif Kapadia sulla parabola discendente di una delle più grandi interpreti degli ultimi 10 anni.

Scegliendo saggiamente di fuggire dall’agiografia, Kapadia decide di raccontare l’estrema vulnerabilità della Winehouse affidandosi ad ogni sorta di materiale audiovisivo: dall’amatoriale al repertorio televisivo, passando per i backstage fino ai clip dei concerti fatti coi cellulari. Tutto e tutti parlano di lei e del suo divenire: i segni lasciati dal divorzio dei genitori, il canto come unica espressione di sé e l’incapacità di gestire la girandola del successo, vissuto prima come giostra e poi come una trappola ineludibile (anche grazie all’onnipresenza del padre, troppo preso dalla sua figura di manager). Sullo sfondo, Camden Town, cuore bohemien di Londra con tutti i suoi eccessi e, di fianco,  il responsabile “morale” del destino di Amy:  il marito Blake Civil – Fielder, raccontato come un vero approfittatore, colpevole di averla utilizzata all’apice della sua carriera e di averla iniziata alle droghe pesanti. Ma soprattutto c’è ovunque l’occhio impietoso e invadente dei media, che le perseguita continuamente per il suo peso, per le sue risse, per le sue vicende amorose senza lasciarle tregua, mai, tanto da confessare alla sua guardia del corpo: “Se potessi barattare tutto quello che ho per una passeggiata tranquilla, io lo farei.” Era così stanca, Amy. Stanca delle abbaglianti luci della ribalta – che pure non guardavano mai dentro di lei, ma restavano solo sulla patinata superficie – che se n’è andata in punta di piedi, dove nessuno poteva vederla o dirle più cosa fare. Da vedere, assolutamente.

Submit a Comment