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Cinespresso | April 26, 2024

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Tornano gli attori di Cesare non deve morire

Tornano gli attori di Cesare non deve morire
Francesco Di Brigida

Nel teatro della Casa Circondariale di Rebibbia di Roma è andato ieri in scena Giulio Cesare, una prova aperta. Con la guida del regista Giorgio Cavalli, eccezionalmente nei panni di Cesare al posto di Giovanni Arcuri (che coprì il ruolo nel film dei fratelli Taviani). Prima dell’inizio infatti la notizia per il pubblico che Arcuri era uscito proprio poco prima per aver finito di scontare la sua pena.

La prova aperta del Giulio Cesare non è lo stesso spettacolo intravisto in Cesare deve morire, la pellicola che l’anno scorso riportò in Italia l’Orso d’Oro dal Festival Internazionale del Cinema di Berlino, ma colpisce sempre vedere all’opera gli attori-detenuti della Sezione G12 Alta Sicurezza sul palcoscenico del Teatro del Carcere e alle prese con un pubblico che per loro è molto di più. E ciò che non capiremo mai da persone libere.

Un tutto esaurito di trecento posti, dei quali molti occupati da studenti di scuole superiori, e uno in particolare dalla neo Ministra di Grazia e Gustizia Anna Maria Cancellieri che alla fine dello spettacolo, salendo sul palco e offrendo le spalle al pubblico ha parlato solo a loro, al cast di 23 detenuti e un po’ emozionata – sembrerà una banalità ma non lo è stata – li ha ringraziati per le emozioni che hanno portato con questo spettacolo.

Alcuni scambi di ruolo dal cast originale del film sono stati anche Juan Dario Bonetti che da Decio Bruto è passato a Marco Antonio, Antonio Frasca che da Marco Antonio ha interpretato Bruto (che a Berlino ha avuto il volto di un attore ora libero, Salvatore Striano) e Giacomo Silvano che ha interpretato Cassio, poiché Cosimo Rega che ne vestiva i panni nella pellicola era seduto in prima fila da uomo libero.

Il gruppo pieno di energia e capitanato da Cavalli ha aggiunto alle scene principali della tragedia di William Shakespeare un dialogo tra Cesare e Cicerone durante la notte precedente l’omicidio da parte dei traditori. Rimasta in piedi l’ossatura originale del testo, i detenuti hanno recitato in platea ricostruendo le fazioni romane e raggiungendo un climax forte e avvolgente nel grido di Libertà dopo l’omicidio di Cesare. Ognuno con il suo dialetto ha messo sotto la pelle il testo del Bardo tirando fuori schegge invisibili di passato e il brivido d’essere vivo, e insieme ad una platea di visitatori, donne e ragazzi che li hanno applauditi e sentiti, hanno per un pomeriggio vissuto la Libertà.

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