“Bernarda o il Kaos di Bernarda Alba spettacolo teatrale in salsa punk”, in scena al Tetro Studio Uno
- Miriam Larocca
- On 5 marzo 2019
- http://www.cinespresso.com
Gli studiosi considerano “La casa di Bernarda Alba” il capolavoro di Garcìa Lorca e fra le più importanti opere del teatro spagnolo del Novecento.
Portato a termine nel 1936, due mesi prima di essere ucciso dai falangisti, andò in scena solo dopo la guerra, nel 1945.
Lo stesso autore, che ha voluto adottare la significativa definizione “documentario fotografico”, lasciò scritto: “ho soppresso molte cose in questa tragedia, molte canzoni facili… voglio che il lavoro possegga severità e semplicità”.
L’opera di Lorca
Con le tragedie “Yerma” e “Nozze di sangue”, “La casa di Bernarda Alba” fa parte di una trilogia incentrata sul ruolo della donna e sulla sua sottomissione nella Spagna rurale degli anni trenta.
Il testo racconta il dramma di Donna Alba la quale, rimasta vedova per la seconda volta, si veste del lutto cui la società cattolica dell’epoca la costringe, facendone un sadico strumento di controllo sulle cinque figlie in età da marito, che costringe in casa come monache di clausura, in una ossessione per l’osservanza delle regole sociali che trasforma in strumento di potere personale.
Tutto ha inizio dopo il funerale del secondo marito di Bernarda Alba.
Dietro le spesse mura della casa, cominciano a trascorrere i giorni per le cinque figlie, la serva e la nonna. Angustias, la maggiore, figlia di primo letto di Bernarda, malaticcia, poco aggraziata e schizzinosa è l’unica che ha diritto ad ereditare la modesta fortuna lasciatale dal padre; Magdalena è emotiva, sente molto la mancanza di suo padre e rinnega la sua condizione di donna; Amelia è allegra e insignificante; Martirio è invidiosa e sempre arrabbiata e Adela, è la più giovane e bella, nonché di natura ribelle. La Poncia, è la vecchia serva che per anni ha servito Bernarda; e infine c’è Maria Josefa, madre di Bernarda, che vive rinchiusa in camera con la sua pazzia.
Angustias è promessa in sposa a Pepe il Romano, il ragazzo più bello del paese, che cerca in lei solo il suo denaro.
Adela decide di ribellarsi alla tirannia di sua madre e, di nascosto, inizia una relazione amorosa con Pepe, fidanzato di Angustia. Quest’uomo non si vedrà mai sulla scena, però la sua presenza domina le vite di tutte le donne della casa.
Una notte, come accade quasi tutte le notti, Pepe si incontra con Adela; Martirio, che già da un po’ aveva scoperto la tresca, blocca Adela e, urlando, fa svegliare tutta la casa. Bernarda, allora, scopre la relazione di Adela, va fuori – dove si era nascosto Pepe – e spara col suo fucile.
Rientrata, dice di aver ucciso Pepe – anche se non è vero, Adela scappa in camera sua e si impicca.
Quando le donne entrano nella stanza di Adela vedono il raccapricciante spettacolo.
Bernarda ordina di non piangere e di dire, in paese, che Adela è morta vergine, quando in realtà era incinta di Pepe il Romano.
Nell’opera di Giovan Bartolo Botta si sacrificano i personaggi di Magdalena, Maria Josefa e Amelia, vediamo, invece, in jeans, scarpe nere e t-shirt serigrafata “Garcia Lorca Show”, costretti a stagliarsi sulla scena fissi e immobili, Krzysztof Bulzacki Bogucki nel ruolo di Martirio, Isabella Carle nel ruolo di Adela e Claudia Salvatore in quello di Angustias.
Mariagrazia Torbidoni che interpreta la vecchia serva Poncia ha il diritto di muoversi leggermente di più sul proscenio che condivide col regista Botta, il quale veste i panni proprio di Donna Alba e al quale è concesso, invece, la maggior libertà di movimento possibile, fra palco e testo.
Con il suo zaino, giubbotto di pelle, jeans e maglia diversa dal resto del gruppo su cui si adagiano ben piegati, all’altezza del collo degli occhiali con ancora su l’etichetta, Botta entra ed esce dal personaggio, chiacchiera con il pubblico, lo interroga e si preoccupa se qualcuno tossisce, offrendo gentilmente del succo o disquisendo su eventuali interventi drammaturgici.
I suoi gesti in scena suggeriscono una sorta di egocentrismo: sottolinea, conduce, fa da eco ridondando verbalmente le battute altrui, come a vestire i panni di una coscienza sempre vigile e guardinga. Un vezzo o una scelta oculata? I movimenti diventano pian piano riconoscibili, all’incalzare della tensione il suo corpo reagisce, la gamba si alza all’indietro come a prendere una rincorsa e gli occhi si sgranano.
L’intervento sul testo, lo si nota dalla presenza di vaghi inserti che rimandano alla piattaforma Rousseau, a Di Maio, alla passione sportiva per la maglia granata e il consueto odio per la Vecchia Signora.
Dalla scheda dello spettacolo leggiamo:
“Bernarda Alba ha un problema. Ha molti problemi. È solo un problema. Le sue figlie sono un problema. Assetate di vita. Vita vissuta. Pretendono il motorino, il piercing, il tatuaggio, la libera uscita senza coprifuoco, il superalcolico, l’esperienza psichedelica e la giusta dose di sentimentalismo compulsivo. I compiti li scopiazzano, l’andamento scolastico è pessimo, ingollano junk food, sottovalutano l’attività fisica, disprezzano le generazioni precedenti, non credono in Dio, non credono nella scienza, non credono nel caso. Non credono e basta!
L’assistente sociale solleva bandiera bianca. Lo psicoterapeuta si suicida. Il confessore si inginocchia sui ceci. Tutto pur di non avere a che fare con queste manifestazioni del “maligno” sulla terra. La loro storia non interessa a nessuno. Piace giusto agli attori di teatro che devono lavorare per mangiare e a cui tocca farsi carico dei problemi dei personaggi come se non ne avessero già abbastanza come persone”.
Ad onor del vero, molte di queste “promesse” in scena latitano.
Il suo lavoro si inserisce nel contesto di quello che viene definito Teatro Off a cui si consiglia di assistere per concorrere alla formazione di un gusto critico e a cui il Teatro Studio Uno, luogo culturale nel cuore di Torpignattara, mai si sottrae, tuttavia, registrando i commenti fuori sala, si sente un genuino e sarcastico: “Che voglia di classico”.
Come un ritratto familiare dipinto su tela, anche questa volta la scena è unica, uno spazio scenico ideale, nel quale il dramma prende vita e si compie nella sua cupa potenza.
Il kaos di Bernarda Alba volutamente scritto con la “K”, a sottolineare forse una punta di ribellione, portato in scena da Botta incuriosisce ma corre anche il rischio di infastidire per via dell’urgenza e dell’anacronismo più volte enunciati ma mai approfonditi.
“Bernarda o il Kaos di Bernarda Alba”
in scena al Teatro Studio Uno dal 28 febbraio al 3 marzo 2019
Troppo liberamente tratto da Federico Garcia Lorca
adattamento e regia di Giovan Bartolo Botta
con Krzysztof Bulzacki Bogucki, Isabella Carle,Claudia Salvatore, Mariagrazia Torbidoni e Giovan Bartolo Botta
Progetto grafico Leonardo Spina
Costumi SerigraFata di Francesca Renda
striscione Ultras Teatro Fuori Registro di Nicola Micci
produzione Sylvia Klemen Kolarič
Un progetto di Produzioni Nostrane – Ultras Teatro
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