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Cinespresso | April 24, 2024

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Wonder Woman, la recensione

Ireneo Alessi

Review Overview

Cast
6.5
Regia
7
Script
6

Rating

Una protagonista in parte, affascinante oltre che capace, unita a una regia insolita dall’approccio volutamente nostalgico, cui l’uso della pellicola rappresenta un chiaro distinguo, e tuttavia attento al palato dei più giovani, specie nell’ultima parte, fanno di questo un prodotto ragguardevole sebbene non pienamente riuscito. A incidere sul bilancio globale una sceneggiatura semplicistica, dei dialoghi non sempre all’altezza e alcune scelte discutibili, in primis legate al cast.

Anno: 2017 Distribuzione: Warner Bros Italia Durata: 141’ Genere: Azione, Avventura, Fantasy Nazionalità: Usa Produzione: Warner Bros. Pictures, Cruel & Unusual Films, DC Entertainment, Dune Entertainment, Atlas Entertainment Regia: Patty Jenkins Uscita: 1 Giugno 2017

L’ardita guerriera della DC Comics si appresta a infiammare le sale con un mix di azione, buoni sentimenti e una dose di mitologia greca che da sempre affascina il cinema. Basterà a conquistarsi un posto nell’Olimpo dei cinecomics?

Dopo una prima apparizione in “Batman v Superman: Dawn of Justice”, i tempi sono ormai maturi per un film incentrato totalmente sulla ‘signora’ dei comics più amata di sempre, vale a dire Wonder Woman. Ma prima di focalizzarsi sulla pellicola è bene zoomare sul personaggio e su ciò che rappresenta.

In principio era Lynda Carter, la protagonista dagli occhi blu dell’omonima serie tv prodotta dalla Warner Bros. negli anni Settanta. Di certo, l’incarnazione più nota del personaggio dei fumetti ideato da William Moulton Marston in quel lontano 1941, se non altro merito della straordinaria bellezza dell’attrice, un riconoscimento avvalorato dalla sua presenza alle semifinali di Miss Mondo, e del crescendo di interesse, tipico di quegli anni, nei confronti delle donne.

In questi anni di rivalsa del ‘pianeta donna’, per la paladina DC intrisa di femminismo, amore per gli esseri umani e di giustizia, è tempo di indossare nuovamente i calzari, cingersi il capo con la tiara stellata e afferrare l’elsa della mitica godkiller per respingere definitivamente il temibile Ares, il dio della guerra.

Cresciuta su un’isola paradisiaca celata al mondo da Zeus e addestrata per essere una combattente fin dalla tenera età, Diana, la principessa delle Amazzoni, abbraccia nuove consapevolezze sulla vita quando un pilota americano di nome Steve Trevor precipita improvvisamente sull’isola e le racconta del conflitto mondiale che sta decimando la terra. Desiderosa di aiutare gli esseri umani, Diana decide di abbandonare la propria patria per cercare di fermare una ‘Guerra’ che, all’alba del 1918, sembra ormai giunta alla sua parabola conclusiva.

“Se nessun altro difenderà il mondo, allora dovrò farlo io”

Gal Gadot, classe 1985, è una valida ‘donna delle meraviglie’. Potremmo dire che all’attrice e modella israeliana finora nota per aver preso parte in alcuni capitoli della saga di Fast and Furious, mancano soltanto gli occhi azzurri per essere la fedele trasposizione dell’eroina di carta. Per il resto, questa WW fa anche troppo. Con la mente rivolta all’imminente accoppiata con i paladini di Justice League, in sala il prossimo il 16 novembre, viene, infatti, da chiedersi se i suoi poteri non siano stati accentuati abbastanza.

A convincere maggiormente è la parte centrale del film, la più riuscita, dove la presenza di un cast eterogeneo capitanato in primis da Chris Pine (Star Trek), allarga il respiro rendendo il tutto più facile, liscio, in una parola calibrato. L’incipit, al contrario, così come lo scontro decisivo con il villain di turno, risulta, invece, oltremodo annacquato e quasi stucchevole lasciando una sensazione inappagante nei minuti che precedono l’epilogo. Il montaggio non sempre brilla per coerenza e sintassi narrativa. E quando i personaggi in carne e ossa si trasfigurano troppo al limite del videogame è il segnale di qualcosa che è sfuggito di mano.

Il restyling del costume è stato assolutamente perfetto. L’idea di saturare i colori rispetto al precedente film Batman v Superman poi applicato anche al resto della fotografia è una delle strategie vincenti fortemente volute dalla regista Patty Jenkins, quella di Monster, il film del 2003 con il premio Oscar Charlize Theron, unitamente all’approccio nostalgico, cui l’uso della pellicola al posto del digitale rappresenta un chiaro riferimento. A incidere sul bilancio globale una sceneggiatura a tratti semplicistica, dialoghi non sempre all’altezza delle situazioni e alcune scelte discutibili legate al cast. In definitiva, un prodotto ragguardevole sebbene non pienamente riuscito.

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