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Cinespresso | April 24, 2024

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Alla Casa del Jazz si celebrano i 100 anni del primo disco jazz

Alla Casa del Jazz si celebrano i 100 anni del primo disco jazz
Miriam Larocca

“Livery Stable Blues”, il primo disco della storia del jazz, festeggia 100 anni

Quella che un tempo fu dimora di Enrico Nicoletti, il cassiere della famigerata banda della Magliana, è ora luogo in cui solo la musica, fortunatamente, regna indisturbata: Villa Osio fu infatti sottratta alla criminalità e consegnata ai cittadini, divenendo così nel 2001 La Casa del JazzOriginal_Dixieland_Jazz-BandE, anche se una lapide con i nomi delle vittime di mafia è ben in vista all’ingresso, nell’occasione si è nel cuore del quartiere Ardeatino per ricordare eventi meno tristi; la circostanza è un’illustre ricorrenza, un vero e proprio genetliaco: è trascorso un secolo esatto dall’uscita del primo disco della storia del jazz, Livery Stable Blues”, registrato nel 1917 dalla “Original Dixieland Jass Band” di Nick La Rocca.

La giornata, interamente dedicata all’occasione, con tanto di tavola rotonda dal titolo “Le molteplici radici del jazz”, coordinata da Filippo La Porta, che più tardi ritroveremo a battere intimidito le percussioni, trova un senso soprattutto grazie alla proiezione di “Sicily Jass – The world’s first man in jazz”,  il film documentario di Michele Cinque dedicato al cornettista statunitense di origine italiana, Nick La Rocca.

CUTICCHIO_SICILYJASS-700x450Poetico il ricorso al “puparo” Mimmo Cuticchio, importante erede della tradizione dei cuntisti siciliani, è colui il quale muove i fili della storia e, attraverso un dialogo immaginario con i suoi Pupi, ricostruisce in maniera delicata, una vicenda umana e professionale ancora sconosciuta ai più.

Immersi nel più profondo sud siciliano, ora nel suo laboratorio, ora passeggiando tra i ruderi di Gibellina nel labirintico “Cretto” di Burri, ora a Poggio Reale seguendo le note della banda musicale di Salemi capitanata da Roy Paci, ci appassioniamo, esattamente come i Pupi, al racconto della vita del cornettista autodidatta (e imprenditore edile). poggiorealeCon brevi incursioni, ovviamente, anche negli Stati Uniti, a New Orleans, conosciamo il figlio James Dominik, incapace di pronunciare la parola “Trapani” quando ricorda le sue origini siciliane, unico dei sei fratelli a continuare ancora oggi la carriera del padre; scopriamo, inoltre, la dedizione di archivisti intenti a ricostruire minuziosamente la storia, mantenendo intatti i documenti e, infine, grazie alla registrazione dell’unica intervista concessa, ascoltiamo anche la voce originale del nostro protagonista. Una storia di luci e ombre, di un uomo semplice, contraddittorio, emigrato negli States che, per tentar fortuna si ritrova agli inizi del ‘900 in una New Orleans nera, ma anche latino americana, bianca e piena di voglia di riscatto. Il jazz era nel meltin pot di quella città e La Rocca fu uno dei primi autori di queste nuove sonorità. E, seppur sia stato il primo uomo a pubblicare un disco jazz e a vendere oltre un milione di copie, ci accorgiamo che, col tempo,  divenne un personaggio scomodo.

Dal carattere ombroso, nel pieno del proibizionismo e, per giunta,  bianco nella musica nera per eccellenza, La Rocca si convinse di essere stato l’unico vero inventore del genere, affetto da manie di grandezza e con atteggiamenti a tratti xenofobi e iracondi, non mantenne la giusta lucidità per comprendere  la complessità culturale, sociale e musicale in cui viveva. Ebbe molti diverbi persino con la sua band che sciolse e ricompose più volte, si racconta che una volta i musicisti, per sottolineare il loro disappunto, suonarono con i microfoni spenti. La sua figura e la sua reputazione vennero talmente compromesse  che fu presto escluso dal novero dei musicisti jazz del tempo e persino da molti dimenticato.

Si disegna così una parabola che dal grande successo arriverà presto a un triste declinocinqueTuttavia, va detto che, sebbene Nick La Rocca non scoprì un genere musicale, a lui va senz’altro il merito di aver contribuito alla diffusione del jazz nel mondo. Alla fine della proiezione, il giovane regista Michele Cinque sale sul palco a prendere i meritati applausi per un film che, al di là della vicenda umana, aiuta a riflettere su ciò che di bello può nascere dall’incontro di diverse culture. L’ultimo spazio della giornata, va all’esibizione di Marcello Rosa e della sua Jazz Band che ricorderemo, soprattutto, per aver ideato l’evento (di cui si fece Maestro di cerimonia anche cinquanta anni fa, in occasione della ricorrenza).

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