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Cinespresso | April 25, 2024

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Agnus Dei, maternità e fede al tempo della guerra

Ireneo Alessi

Review Overview

Cast
7.5
Regia
7.5
Script
7

Rating

Una narrazione intensa che colpisce per via dei temi trattati oltre che per lo sguardo intimo e profondo dei suoi protagonisti. Una regia in stato di grazia che riconsegna nelle mani del pubblico la dimensione della guerra con la fragilità umana, il dramma degli abusi e il rapporto con il divino.

Anno: 2016 Distribuzione: Good Films Durata: 115′ Genere: Drammatico Nazionalità: Francia, Polonia Produzione: Aeroplan Film, France 2 Cinéma, Mandarin Production, Mars Films, Scope Pictures Regia: Anne Fontaine Uscita: 17 Novembre 2016

La Fontaine fa suo il diario del medico francese di stanza in Polonia, Madeleine Pauliac, per parlare di un gruppo di giovani donne messe a dura prova durante il secondo conflitto mondiale

“Les innocentes”, titolo originale del film, è ispirato a una storia vera. Siamo nel ’45, in Polonia. Mathilde è una giovane appartenente all’equipe medica francese della Croce Rossa, in missione per soccorrere i superstiti della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante l’età è una donna impegnata e ligia al dovere. Ma quando una suora le chiede una mano cambia atteggiamento. Dapprima restia, Mathilde si lascia condurre in un convento, dove alcune sorelle, chiuse nel guscio delle loro celle, rischiano tutto a causa delle barbarie subite dai sovietici, in balia di un tacito mistero che ne condiziona nettamente le vite: sono “incinte”. Quasi una sorta di ossimoro, specialmente per chi ha scelto una vita monastica e la consacrazione a Dio. Oltre la violenza e l’accettazione del male, queste donne si sentono incapaci di conciliare quell’abuso con la fede. E Mathilde, interpretata efficacemente da Lou de Laâge, è la loro unica speranza.

Agnus Dei, letteralmente “Agnello di Dio” è un’espressione latina comunemente usata durante la messa. Si riferisce a Gesù Cristo nel suo essere vittima sacrificale per la redenzione dei peccati del mondo. Nella simbologia dell’arte ecclesiastica indica in particolare l’immagine di un agnello che porta la croce.

Qui non ci sono immagini sacre né pitture se non quelle viventi ottenute dalla regista che dipinge queste Benedettine, dai modi e dall’aspetto regale, come fosse un artista in quel di Montmartre, completamente a suo agio con la materia. Fatto strano poiché, come afferma la stessa in conferenza stampa, a parte qualche sua parente suora, non ha una vera connessione con la chiesa nonostante provenga da una famiglia cattolica. Chissà perché i cineasti più ispirati da questo mondo sono anche i più lontani da tali “grazie”? Mera curiosità o merito di un occhio esterno?

Per la regista francese Anne Fontaine, da sempre impegnata in storie femminili (Coco avant Chanel, Two Mothers, Gemma Bovery), questo non è solo un progetto nato con l’intento di porre la spiritualità al centro, ma anche una storia di disobbedienza che ruota attorno alle gerarchie, siano esse militari o religiose. È solo grazie all’iniziativa di alcune di loro e alla loro tempra che il bene riuscirà a prevalere trasformando gli episodi di violenza in catarsi. In tal senso, le interpreti femminili sono eccezionali, oltre alla sopracitata Lou de Laâge, si distinguono Agata Buzek e Agata Kulesza nei panni delle religiose, rispettivamente Suor Maria e la Madre Superiora.

Dal diario di Madeleine Pauliac viene fuori una riflessione sempre attuale come i conflitti ancora presenti sul pianeta, si pensi alla Siria o all’Africa. Tuttavia nel film il tema non si traduce mai in immagini forti, al contrario, è la relazione creata dalla giovane Mathilde, di questa ragazza che lotta per salvare le altre donne, il messaggio fondamentale. La sua preziosa collaborazione evita, infatti, uno scandalo consentendo alle suore di accogliere la vita che si è fatta spazio dentro di loro e superare persino le colpe dei loro carnefici.

Nell’economia generale del film, prodotto dai fratelli Eric e Nicolas Altmayer, ricoprono un ruolo importante, il tocco di Caroline Champetier, direttore della fotografia, così come i dialoghi: visivamente suggestivo quello in cui due protagoniste si parlano sedute su di un letto in posizioni diametralmente opposte. Non possiamo aggiungere altro per indurvi a vederlo. Chi ha apprezzato “Uomini di Dio” (Des hommes et des dieux), di Xavier Beauvois forse troverà qualche analogia utile per la scelta. Detto questo, la fede è qualcosa fuori dall’umana comprensione e per un titolo del genere, a volte, occorre fare un atto di fede, come quello usato dalla regista per la sua realizzazione. Un’occasione per meditare!

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