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Cinespresso | April 25, 2024

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We Are Your Friends: amicizie danzanti

Marco Minniti

Review Overview

Cast
5
Regia
5
Script
4

Rating

We Are Your Friends segna l'esordio del regista Max Joseph, con una storia che vuole rappresentare rituali, eccessi e legami della vita nei locali notturni di Los Angeles: ma il ritratto è superficiale ed epidermico, l'approccio appesantito da inutili parentesi kitsch e dialoghi pretenziosi. Ai fans di Zac Efron forse basterà, ma la sostanza resta poca.

Anno: 2015 Distribuzione: Notorious Pictures Durata: 96′ Genere: Musicale Nazionalità: Usa Produzione: Working Title Regia: Max Joseph Uscita: 17 Settembre 2015

L’esordio di Max Joseph guarda al pubblico teen, con una storia d’amicizia e d’amore ambientata nel mondo dei locali notturni: ma la rappresentazione è superficiale, e a volte le pretese superano le ben fragili basi del progetto

Cole, ventitreenne di Hollywood, ha un solo progetto: conquistare il mondo facendolo ballare. DJ dilettante senza soldi, ma con tanta creatività, il giovane sbarca il lunario con i suoi tre amici d’infanzia, facendo lavoretti saltuari; intanto, passa le sue notti cercando quella traccia in grado di fare la differenza, spianandogli la strada del successo. La svolta sembra arrivare quando, una notte, conosce James, leggendario DJ di Los Angeles che lo prende in simpatia: Cole fa ascoltare a James alcuni dei suoi pezzi, e questi gli permette di collaborare con lui nelle sue notti danzanti. La strada verso la conquista della gloria, e verso l’oceanico raduno del Summer Fest, sembra ormai in discesa. Ma Cole ha la disgrazia di innamorarsi di Sophie, giovane e bella fidanzata di James: la rottura tra i due sarà traumatica e inevitabile. Intanto, gli amici di Cole sono sempre più sfiduciati sulla possibilità di sfondare nel mondo dello spettacolo…

La vita notturna di Hollywood, gli eccessi a ritmo techno, i locali pullulanti, la ricerca dell’afflato generazionale: tutto, in We Are Your Friends, sembra pensato per stimolare la curiosità del più giovane pubblico di MTV, compresa la presenza di una star teen come Zac Efron. Lo stesso titolo sembra voler porre l’accento sulla dimensione collettiva della storia, sulla ricerca di un noi che però, nel film dell’esordiente Max Joseph, non è mai realmente valorizzato: le velleità sociologiche, di ritratto di un contesto complesso e multiforme, restano affidate alle epidermiche e patinate immagini di una Los Angeles notturna che appare simile a tante altre metropoli. Allo stesso modo, il legame che unisce il protagonista e i suoi amici resta delineato in modo superficiale, appannaggio di pochi e stereotipati dialoghi, e di un destino che subito prende strade diverse: l’effimera gloria da un lato, sotto l’ala protettrice di un mentore in declino, e la strada “borghese”, sotto un cinico immobiliarista (col volto di un Jon Bernthal più che mai a suo agio in ruoli sgradevoli) dall’altro. Tutto già codificato e visto.

Se i paragoni con pellicole dal sostrato generazionale di ben altra consistenza, quali La febbre del sabato sera, appaiono fin da subito improponibili, il film di Joseph offre inizialmente quello che promette, scorrendo veloce e inoffensivo per circa un’ora: con un approccio tra il “coatto” e il kitsch, tra il giovanilismo d’accatto di rebels che ormai neanche si pongono più il problema di una cause, e qualche inserto lisergico totalmente fuori contesto (il lungo trip del protagonista nella prima festa a cui partecipa insieme al nuovo amico, virato in animazione). Questo We Are Your Friends, tuttavia, inizia a indisporre seriamente nell’ultima mezz’ora, quando l’irruzione del dramma nella vita del protagonista fa in modo che venga alzata l’asticella delle pretese: qui, lo script abbozza goffamente una sorta di melò fuori tempo massimo, si ricorda tardivamente dell’esistenza degli altri personaggi, affretta bruscamente la strada verso un finale intriso di buoni sentimenti e dalla morale risaputa.

Non è, probabilmente, molto sensato infierire con gli strumenti della critica su un prodotto pensato e confezionato per un certo target, e che non smette mai, in ogni sua componente, di ammiccare ad esso: il film, tuttavia, irrita oltremodo quando sembra uscire da questi confini, cercando di dire (con le immagini e la narrazione) più di quanto le sue iniziali premesse non gli consentano. Sarebbe stato molto meglio, specie per un regista esordiente, continuare a volare basso, lasciando da parte le pretese generazionali e lo sguardo verso improponibili modelli, che godono di ben altra portata concettuale.

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