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Cinespresso | April 25, 2024

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“Cirino e Marilda non si può fare” al Teatro Argentina di Roma

“Cirino e Marilda non si può fare” al Teatro Argentina di Roma
Redazione
  • On 6 gennaio 2015
  • http://www.cinespresso.com

Review Overview

Interpretazione
7
Regia
6
Drammaturgia
6

Rating

Uno spettacolo di e con Anna Marchesini accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo dal trio Aire de Mar. È la storia del professor Cirino Pascarella, un'incantevole figura candidata a essere completamente travolta da ciò di cui si è sempre tenuto distante...

 Anna Marchesini l’irriducibile

Non è mai stata semplice la strada per le donne in Italia, in qualsiasi campo, ancor di più nel mondo dello spettacolo, in particolare poi nell’ambito della comicità, emergere in maniera determinante è toccato solo a pochissime. Si possono contare sulla punta delle dita le attrici comiche italiane di cui gloriarsi. Nella banalità del vero si può affermare quindi che oggi è difficile essere una donna, è difficile essere un’attrice, è difficile essere un’attrice comica. È ancora più difficile essere un’attrice comica malata.

Sono passati cinque anni dall’ultima apparizione di Anna Marchesini sulla scena teatrale e quando, per un giorno si mostra al Teatro Argentina di Roma, il coinvolgimento è forte e palpabile. Il sipario si apre e lei è già lì sul palco, fasciata da un morbido e largo tailleur bianco, è seduta su uno sgabello e di fronte il leggio regge le pagine del suo racconto, con lei Martin Diaz alla chitarra, Marco Collazzoni al sax e flauto e Saverio Federici alle percussioni. Porta in scena il reading “Cirino e Marilda non si può fare” scritto appositamente per il teatro e poi inserito all’interno del libro “Moscerine”, pubblicato da Rizzoli.

È la storia del professor Cirino Pascarella, ritiratosi a vita solitaria in una squallida pensione al settimo piano di un grigio stabile dove, la tenutaria Signora Olimpia, non fa altro che stargli attaccato alle calcagna nella speranza di rifilargli sua figlia, la zitella quarantenne Marilda. Le musiche eseguite dal vivo da Aire de Mar sottolineano gli stacchi e le battute che spesso si inseriscono nella descrizione ironica dei personaggi. L’interesse del professore, fino a quel momento sopito verso tutto e tutti, si ridesta però non per la povera donna da maritare ma verso un portuale, di cui ne osserva estasiato il corpo affacciandosi un giorno alla finestra. Da quel momento la sua vita torna ad avere un senso pur scontrandosi con l’invadente Signora Olimpia che mal sopporta l’indifferenza del letterato. All’improvviso però, l’adone non spunta più all’orizzonte ad allietare gli attimi del professore che paga il conto e va via, prende il volo… Con l’unico gesto appena accennato, Anna Marchesini ci rende un finale dolce e poetico.

Eduardo De Filippo diceva che se mai si fosse accorto che la malattia avesse potuto inficiare la qualità dei suoi spettacoli, compresa la peculiarità della sua mimica, avrebbe smesso di calcare le scene per non offrire mai al pubblico un lavoro diverso da quello a cui era stato abituato. Indubbiamente Anna Marchesini la pensa in un altro modo, crede che la sua artrite reumatoide non sia sufficiente a impedirle le emozioni del palcoscenico, per lei è importante reagire e non abbandonarsi all’autocommiserazione e alla tristezza.

Certo, la malattia si vede, lei è lì proprio come un moscerino, scavata e dimagrita, la sua voce non arriva forte e squillante come quella che caratterizzava i suoi personaggi più mitici. Il confine tra vittimismo e pietà può essere tragicamente sottile ma a lei, evidentemente, non interessa; quando descrive il suo attaccamento alla vita dice:

«Sono obesa di vita, ne sono così interessata che mi interessa anche la morte»

Alla fine dello spettacolo, quasi quindici minuti di applausi sanciscono lo stretto rapporto fra l’attrice e il pubblico, tutto in piedi a gridarle il suo amore e lei ricambia incollandosi a quel palco con una forza indescrivibile. Non vuole andare via, si prende tutti gli applausi e se li mette addosso, ne ha bisogno, li sente. Sta lì apposta, li vuole tutti. E il pubblico si consuma le mani a furia di applaudire sembrando felice a sua volta. E va bene così.

Miriam Larocca

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