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Cinespresso | April 20, 2024

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Song of Silence

Redazione
  • On 30 maggio 2014
  • http://www.cinespresso.com

Review Overview

Cast
7
Regia
7
Script
7

Rating

Dalla Cina popolare una storia di genitori e figli che si cercano ma per trovarsi e toccarsi devono attraversare lunghi silenzi e trovare il modo di comunicare. Un film delicato e intenso.

Anno: 2012 Durata: 114’ Distribuzione: Distribuzione Indipendente Genere: Drammatico Paese: Cina Produzione: Beijing Tiger Entertainment & Media, Harvest Films Regia: Chen Zhuo Uscita: 29 Maggio 2014

Song of Silence, Yang Mei Zhou, l’opera prima del giovane talento Chen Zhuo, distribuito nelle sale italiane in lingua originale con sottotitoli in italiano da giovedì 29 maggio

È uno strano mondo acquatico quello in cui vive Jing, adolescente sordomuta con la madre, il nonno e lo zio. Passa le sue giornate solitarie vagabondando in un isolamento ovattato e stupito, con l’unica compagnia delle vibrazioni che una bottiglia al contatto con i muri le restituisce.

Alla scoperta del mondo e del suo corpo ha l’unico contatto con l’esterno nel rapporto giocoso con lo zio, rapporto che però ad un certo punto diventa morboso e ciò la strapperà via da quel contesto, che del resto non la accettava e la voleva.

Viene affidata temporaneamente al padre, in attesa di una collocazione in una scuola speciale adatta ai suoi bisogni e alla sua ribellione, anche il padre non nutre sentimenti veri per lei, la accoglie per senso del dovere ma non si interessa in fondo alle sue sorti. Ora ha una nuova compagna, una giovane cantante, Mei che va a vivere con lui. Tentata dal gioco e dai guadagni facili, un po’ sbandata, si esibisce nei locali e per farlo si è allontanata dalla sia famiglia. Una rabbia sottile la muove, unita alla spregiudicatezza maliziosa dei suoi vent’anni.

All’inizio la convivenza tra le due ragazze è difficile, ognuna cerca il suo spazio e il suo riconoscimento, così Jing sfoga il suo risentimento appendendo pesci rossi con le mollette da bucato e Mei sfasciando chitarre. Ma alla lunga le due trovano un modo di comunicare e nasce una fresca complicità di giovani donne. Significativa la scena in cui disegnano con il rossetto su una vetrata, una barriera che solo momentaneamente le separa, ma attraverso cui finalmente vediamo Jing sorridere la prima volta. La musica e la danza le uniscono e le fanno muovere insieme al ritmo delle vibrazioni che anche Jing può avvertire nella discoteca.

Nei suoi tempi distesi, gli ampi panorami, i lunghi silenzi inframezzati da dialoghi scarni e essenziali, il film ci offre un piccolo spaccato di una parte della società cinese umile e alla ricerca di relazioni vere. E di figli, figlie in questo caso, in cerca di una famiglia vera, di un abbraccio che le accolga e le faccia riposare serene. L’approdo al contatto epidermico passa attraverso il contatto fortuito, l’ammanettarsi protettivo tra padre e figlia, perfino. L’uso di immagini simboliche è pregnante ma dosato con sapienza e anche la sequenza onirica finale non stanca ma accompagna lo spettatore nel percorso interiore di Jing alla ricerca di riconciliazione, amicizia e chissà, forse un nuovo inizio.

Barbara Giammatteo

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