Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Cinespresso | March 29, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

La voce di Ted Neeley emoziona il Teatro Sistina

La voce di Ted Neeley emoziona il Teatro Sistina
Andrea Di Cosmo

Review Overview

Interpretazione
9
Regia
8
Drammaturgia
10

Rating

Una regia al servizio di un cast affiatato, fatto di buone promesse, impegno e soprattutto la meravigliosa interpretazione di Ted Neeley, ancora una volta uno splendido Jesus Christ. Al Teatro Sistina per il XX anniversario della prima edizione italiana dell’Opera musicale di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.

Edizione speciale italiana per i 20 anni di: Jesus Christ Superstar

Al Teatro Sistina di Roma, Massimo Romeo Piparo, per la Peep Arrow Entertainment, riporta in scena l’Opera Rock per eccellenza: Jesus Christ Superstar, in scena fino al 31 maggio (vedi l’articolo sulla conferenza stampa: qui).

Un’edizione speciale per il XX anniversario della prima edizione italiana dell’Opera musicale di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, per la quale è stato chiamato il protagonista originale, della versione cinematografica dell’Opera, girata nel 1973, per la regia di Norman Jewison, film al suo quarantesimo anniversario. L’attore è Ted Neeley, il quale ha continuato a interpretare con successo quel ruolo, a teatro e nei concerti, negli anni. Maria Maddalena è Simona Molinari, Caifa è interpretato da Shel Shapiro, storico leader del gruppo dei Rokes. Giuda è interpretato dall’esordiente Feysal Bonciani, fiorentino nato nel 1990, scelto da Massimo Romeo Piparo e Ted Neeley fra oltre cinquecento candidati. Paride Acacia è Hannas, che è stato per venti anni Gesù nell’edizione italiana. Emiliano Geppetti è Simone. Pilato è interpretato dal front man dei Negrita, Pau, mentre la band suona la musica dello spettacolo, dal vivo, insieme ad un’orchestra di dodici elementi, diretta dal maestro Emanuele Friello. Compongono il resto del cast ventiquattro artisti tra acrobati, trampolieri, mangiafuoco e ballerini, coreografati da Roberto Croce.

Questo Jesus Christ Superstar è quindi non solo una rappresentazione degli ultimi giorni di vita di Gesù, in una delle opere più celebrate del teatro musicale ma un evento in quanto tale, che ha fatto discutere, a partire dalla scelta del cast.

La dimensione evento dello show difficilmente prescinde da una componente emozionale che coinvolge il pubblico italiano, composto indistintamente da giovani e da testimoni, nel tempo, del mito di quest’Opera, in attesa di vedere materializzarsi l’attore icona, quarant’anni dopo la sua prima storica performance al cinema. Così dall’apertura del sipario basta il fumo e una luce sul bassista che attacca l’Ouverture per capire che si sarà catturati da un’esperienza fuori dal reale, se possibile, oltre ad assistere a uno spettacolo.

Così i personaggi della storia si presentano man mano e i primi dei tanti applausi sono per Ted Neeley quando emerge dal palco. La visione sarà quella della piacevole interazione tra la freschezza e l’energia del resto del cast e la sapiente ieraticità del protagonista: calibrato nell’interpretazione e magnetico, con gesti anche minimali mentre regala la voce di potenza, timbrica, interpretazione intatte e con un vissuto che rinnova un personaggio ormai interiorizzato.

Feysal Bonciani, nel ruolo di Giuda, sembra essere stato scelto per la visibile somiglianza con lo storico interprete del ruolo, a teatro e nel film: Carl Anderson. Somiglianza fisica ma anche mimica, prossemica, nell’interpretazione e anche nella voce. Quest’ultima sembra avere un colore più sicuro, rispetto alla presentazione alla stampa, segno che le repliche giovano, in generale. Sicuramente un’interprete così giovane deve ancora formarsi, soprattutto per trovare un’autonomia personale, al di là della circostanza di ricordare così tanto un attore di cui si sente la mancanza. Simona Molinari offre una Maddalena energica, più teatrale che sentimentale, se pensiamo all’interpretazione partecipata di Yvonne Elliman, interprete del primo cast teatrale e dello stesso film; ma questo significa che ha studiato il personaggio e l’interpretazione delle canzoni con un certo impegno. La sua interazione con Jesus esprime uno dei “miracoli” di questo allestimento: la differenza d’età tra i due è irrilevante. Gesù non deve avere necessariamente trentatré anni, o forse, meglio: Ted Neeley dimostra sempre l’età scenica del suo ruolo più bello. Shel Shapiro è un cantante di storica professionalità e qui lo vediamo destreggiarsi anche come attore. Quel che stupisce, forse, è vedere una scansione poco fluida delle parole e difficoltà soprattutto nelle note basse. Paride Acacia, nel ruolo di Hannas, ed Emiliano Geppetti, in quello di Simone, sono quelli con più padronanza di palco, interpretazione e voce. Non a caso sono interpreti professionisti di lungo corso del teatro musicale italiano. Sorpresa positiva è quella di Pau, cantante che questa volta fa l’attore ma offre a Pilato una grande energia, padronanza del ruolo, non lunghissimo ma impegnativo e protagonista di scene cruciali.

La regia è alquanto sobria come è consuetudine per un’opera dove la storia universale, personaggi, partitura musicale e canzoni sono, da soli, architettura e sostanza dello spettacolo. Così restano le rovine dei templi e le impalcature che caratterizzano l’idea della storia di Gesù raccontata da un gruppo di giovani, in ogni presente storico. Il presente originale degli anni settanta, ricordato anche dai costumi di questo coro e corpo di ballo, e ogni presente, fino ad oggi, dove si rappresenta lo spettacolo. Poche sono le libertà e sono seminate con cautela, come la croce illuminata da lampadine teatrali, a suggellare insieme il dramma e il destino di Superstar, suo malgrado, di Gesù e, inoltre, alcuni effetti, visivi e sonori che aumentano il pathos di scene quali: Gethsemane (I Only Want To Say), canzone dove Jesus esprime i suoi dubbi e paure, dell’uomo oltre che del figlio di Dio, sull’utilità dell’annunciato sacrificio di morte. Momento vocalmente tra i più impegnativi per Ted Neeley, ed emotivamente e teatralmente generosi. Prova superata ancora una volta meravigliosamente. Più originale, e anche una bella idea, è la scena dove Erode irride i poteri di Gesù, in King Herod’s Song (Try It And See), in cui si offre un omaggio al teatro delle marionette italiano.

Sono presenti anche due videoproiezioni, elemento spesso contestato in teatro. Qui possiamo dire che uno sia molto interessante, l’altro meno. La scena delle frustate di Jesus da parte di Pilato, in Trial Before Pilate (Including The 39 Lashes), utilizza l’intensa progressione musicale che accompagna il suono della tortura con immagini degli orrori dell’umanità, dall’olocausto a vari tipi di violenza, metaforicamente esibite come frustate a Dio. Scelta che ricorda l’altra riuscita destoricizzazione del film, nella scena in cui si vede Gesù crocefisso in una galleria di dipinti della storia dell’arte.

Un’altra proiezione apre la canzone: Superstar, dove Giuda chiede a Gesù perché abbia scelto un’epoca senza mass media per diffondere il suo messaggio all’umanità. L’idea ha il suo senso. Nel continuo passare dall’epoca dei vangeli al presente della rappresentazione, vedere Jesus Christ rappresentato come una Superstar, appunto, su mega cartelloni, fuori dal Teatro Sistina, mentre Giuda canta e balla nel foyer, può essere un esempio di questo concetto ma, oltre a una qualità di video e luci che lo penalizzano, l’autoreferenzialità della scelta appare evidente, soprattutto con l’insistita esibizione del merchandising di magliette, poster e dischi dello spettacolo, realmente in vendita nel teatro. Ripetiamo: l’idea rende anche su quest’ultimo esempio e non c’è nulla di male a sostenere il teatro con utili pratiche commerciali, solo che all’interno della rappresentazione stessa, nonostante le premesse giuste che ci è sembrato di intuire, il risultato sembrava uno spot mal camuffato e fuori luogo.

Su pochi appunti emerge, fortunatamente, la grazia degli interpreti, e del protagonista in gran forma, che rendono ancora una volta Jesus Christ una Superstar, affascinando ancora con l’Opera stupenda di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.

Submit a Comment