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Cinespresso | March 28, 2024

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Come Erika e Omar: Un “diversamente musical” di grande impatto

Come Erika e Omar: Un “diversamente musical” di grande impatto
Andrea Di Cosmo

Review Overview

Interpretazione
7
Regia
7
Drammaturgia
8.5

Rating

La cronaca nera rappresentata in forma di musical coniuga rispetto, sarcastica riflessione sociale, divertimento, accompagnando un soggetto e testo molto interessanti con una struttura musicale riuscita e una messa in scena degna. Il tutto valorizza anche uno spazio teatrale diverso e che fa la differenza.

La cronaca nera che può divertire e far riflettere, con rispetto. In scena fino al primo giugno lo show ispirato alla tragedia di Novi Ligure e firmato da Enzo Iacchetti.

Dal 6 maggio al 1 giugno 2014, al Teatro Lo Spazio di Roma, è di scena: “Come Erika e Omar… è tutto uno show” Un “Diversamente musical” italiano voluto in quella sede da Enzo Iacchetti, che cura la regia, affiancato nella regia tecnica da Alessandro Tresa. Iacchetti ha preso a cuore questo teatro, dove ha già portato: “Chiedo scusa al Signor Gaber” (vedi l’articolo: qui). L’opera si basa sull’emulazione, da parte di due ragazzi ancora minorenni, di nome Jessica e Christian, che vogliono emulare la tragedia di Novi Ligure avvenuta nel 2001: l’omicidio di Erika e Omar, ai danni dei genitori e fratello di lei. Jessica e Christian, due fidanzatini innamoratissimi, interpretati da Gea Andreotti e Massimiliano Pironti, vivono a Santa Serena, un immaginario paesino del nord Italia dove “non succede mai niente”; cosa che genera noia e perbenismo di facciata. Jessica è ribelle, litiga continuamente con la famiglia, finché riesce a convincere l’insicuro Christian a partecipare con lei a un atroce progetto: lo sterminio di madre, padre e fratellino, con la spaventosa leggerezza di chi pensa che così potrà essere libera di vivere la sua vita come vuole. Inizialmente Jessica riesce a scaricare la responsabilità del delitto su fantomatici aggressori extracomunitari, già indicizzati dall’opinione pubblica, fornendo un “Identikit” fasullo alla polizia, come nell’inebriante numero musicale omonimo. Quando vengono fuori i giovani, come colpevoli, scoppia “il caso di Santa Serena” i media impazziscono, s’impossessano del piccolo paese fino a quel punto insignificante, col beneplacito del sindaco e dei suoi abitanti che cantano finalmente: “È successo qualcosa”. Da lì la situazione degenera, pompata dai salotti televisivi, abitati da opinionisti cinici che vivono speculando sulle tragedie, scena suggellata dalla canzone portante: “È tutto uno show”. Un applauso a parte è per il personaggio della giornalista, interpretata da una brava a camaleontica Giada Lorusso, le cui doti, visibilmente non professionali, le apriranno, anche, la carriera politica. La spettacolarizzazione di tutto, che passa per altri riusciti sipari musicali, quali: “Processo, che spasso”, porta poi alla mitizzazione dell’assassina principale, Jessica, che riceve pure lettere dai fan, in carcere, i quali suggellano: “La regina dell’orrore”, fenomeno che genera pure episodi di pellegrinaggio sui luoghi della tragedia.

Lo spettacolo parte dalla scommessa di mettere un argomento di cronaca nera in forma di musical teatrale, genere che ha portato pure in scena tragedie, anche con eroi negativi, ma forse non è sempre difficile avvicinarsi a episodi, ispirati a quelli realmente accaduti, piuttosto recenti e finiti alle insistite ribalte televisive.

L’Italia degli orrori, spiattellata in tv, è l’elemento che fa diventare lo spettacolo da coraggioso a geniale, poiché la parte più interessante è la sarcastica riflessione di denuncia sul fatto che per l’opinione pubblica, indotta dal marketing dei mass media, “è tutto uno show”. L’orrore diventa intrattenimento morboso e gli assassini sono eroi, magari da emulare.

Le musiche sono di Francesco Lori, liriche e testi di Tobia Rossi e la coreografia di Alessandra Costa. Questi contributi sono in felice accordo con la scelta di messa in scena e cast e generano un bel tessuto drammatico e musicale. Pensiamo alle sonorità più “moderne e rock”, come le spiazzanti e incisive: “Sarei libera” e “Macbeth junior”, miste ai temi romantici del musical, che sono ben strutturati in modo da non eccedere nel melenso e nella retorica della ribellione adolescenziale. A questi si uniscono temi più vicini al genere musical, così come inteso più comunemente, oltre ai già citati precedentemente, si noti anche la canzone: “Deodorante” dove la madre di Jessica commenta la “fortuna” della sua famiglia, serena in una breve pausa tra i continui litigi, mentre contempla la sua casa, fatta di accessori Ikea e altre tipicità medio – borghesi e suo marito incontra clandestinamente la sua amante, nel suo stesso garage. E’ una scena, e una canzone, insieme ironica e commovente sugli ultimi momenti di apparente calma della famiglia di Jessica, uno dei simboli di apparenza che diventa sostanza dello spettacolo; questo anche grazie alla bravura dell’attrice cantante: Paola Lavini, nel ruolo della madre. Bella la caratterizzazione di Michele Savoia, che interpreta il fratellino di Jessica, minorato apparente che ha i suoi momenti di intelligenza. Il resto del cast è composto da: Manuele Colamedici, Gustavo La Volpe, Paola Giacometti, Matilde Facheris, Michele Savoia, Marco Massari, Fabrizio Coniglio, Chiara Anicito. Esso è compatto sia nelle scene corali e quasi sempre senza sbavature anche in quelle singole.

La scenografia è intelligentemente composta da sagome di un paese il cui scheletro reale, prima nascosto, deve venire fuori. Così gli effetti visivi di luci e nebbia creano abilmente atmosfere da horror, di omicidio in campagna, fino al carcere e allo sfavillio dei salotti tv. Tutto questo con pochi mezzi e linee essenziali di bianco e nero. Le coreografie meriterebbero forse respiro ancora maggiore ma la regia ha sapientemente adattato quest’opera a un teatro che ha i suoi punti di forza, tra cui, un’atmosfera tutta sua e la versatilità di uno spazio scenico diviso in due.

“Come Erika e Omar… è tutto uno show” mette l’italiano medio a nudo della sua morbosa curiosità, e cattivo gusto nel godere della spettacolarizzazione del male. Un contenuto abilmente espresso nella forma curiosa del musical, che funziona non solo come pretesto o provocazione ma come struttura e partitura, vale a dire che le canzoni meritano di ricordarsi, anche fuori dall’opera di appartenenza. Un “diversamente musical”, chiamato così con intelligente e ironica modestia, da conoscere e da far progredire.

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