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Cinespresso | April 20, 2024

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Ciak si gira: Passeggiate cinematografiche. Il quartiere Trieste

Ciak si gira: Passeggiate cinematografiche. Il quartiere Trieste
Angelina Di Fronzo

Tra horror, neorealismo e commedia all’italiana: da Piazza Mincio a Villa Ada

Esterno, notte. Poche macchine si sentono passare sulla vicina via Tagliamento e comunque il rumore arriva attutito, come se il mondo reale fosse rimasto fuori. Qui sotto il grande arco che segna l’ingresso alla piazza, c’è solo un enorme lampadario in ferro battuto a far luce e il rumore dell’acqua della fontana.

È Roma, ma è altrove. E se avete bisogno di astrarvi dal quotidiano, o necessitate di un’ispirazione, questo è il posto giusto. Benvenuti a Coppedè.

Incastonato tra Viale Regina Margherita e Corso Trieste, Coppedè (detto impropriamente quartiere: in realtà fa parte del quartiere Trieste) è un complesso urbanistico formato da quarantacinque costruzioni tra palazzi e villini,  con un nucleo centrale costitutito da Piazza Mincio.

Architettonicamente è un unicum, un capolavoro di eclettismo frutto della fantasia visionaria dell’architetto e scultore Gino Coppedè, a cui fu commissionato il progetto e la realizzazione, che avvenne tra il 1913 e il 1921, con interruzioni dovute alla Prima Guerra Mondiale e poi alla morte dello stesso Coppedé, forse per suicidio.

Addentrandosi tra queste strade si ha la netta sensazione di penetrare nelle fantasie di chi lo ha concepito. Motivi mitologici e naturali, creature che si stagliano dai muri  e sembrano vivere di vita propria non appena si distolga da loro lo sguardo, in una commistione incredibile di stili. Convivono il liberty e il gotico, il barocco e l’Art Déco, elementi classici e moderni, il sogno e l’incubo. Non è un caso che Dario Argento  abbiano deciso di ambientarvi diverse scene di suoi film.

Piazza Mincio è un perfetto esempio di questo melting pot. L’accesso principale alla piazza è da via Tagliamento, sotto un grande arco che collega i due Palazzi degli Ambasciatori. Superato l’arco, al centro della piazza troviamo la Fontana delle Rane (dove la leggenda vuole che  i Beatles si siano fatti il bagno vestiti, dopo un concerto al vicino Piper). La fontana è composta da due vasche popolate da rane che versano acqua nelle conchiglie, o stanno in bilico sul bordo della vasca superiore. Elemento naturale estraneo è un’ape, raffigurata sul bordo, che si ritiene un omaggio alla Fontana delle Api di Bernini, tra piazza Barberini e via Veneto.

Di fronte si staglia in tutta la sua bellezza il Villino delle Fate: un tripudio di torri, logge, archi, fregi medievali, realizzati impiegando anche una straordinaria varietà di  materiali, come vetro, marmi, terracotta, laterizio. In realtà ci sono diversi Villini delle Fate, ideati quali omaggio all’arte fiorentina, come si evince dall’iscrizione “Fiorenza sei bella  (Via Aterno 4, Piazza Mincio, 3, Via Brenta 7-11); diversi sono anche i Palazzi degli Ambasciatori (Via Tagliamento 812, via Brenta 2-2°, Piazza Mincio,  Via Dora, 1-2, Via Tanaro 5). Dall’altra parte della piazza il cosiddetto Palazzetto del Ragno, di ispirazione assiro babilonese, che deve il suo nome a un enorme ragno sulla facciata, concepito invece come omaggio al lavoro; di qui il dipinto raffigurante un cavaliere tra due grifoni sormontato dalla scritta “Labor”. L’arco posto sopra l’ingresso del palazzo al civico due della piazza è una riproduzione di una scenografia del film  del 1914 “Cabiria”.

Nel quartiere Trieste Dario Argento ha ambientato diverse scene di suoi film. La casa della Mater Lacrimarum di “Inferno” (1980) si trova in piazza Mincio ed è lo stesso palazzo utilizzato dal regista Richard Donner ne “Il presagio” (1976).  Sempre a piazza Mincio è collocato l’esterno della libreria dove arriva in taxi Eleonora Giorgi, mentre a  Via Po si trova il palazzo dove abita nel film. Tra queste strade Tony Musante rischia di essere accoltellato ne “L’Uccello dalle piume di cristallo” (1970). Sempre in questo film, viene inquadrata Villa Paganini, che è il parco nel quale passeggia la quarta vittima.

Non pensate però che il quartiere susciti solo suspense; visitarlo di giorno, soprattutto in primavera, è una delizia per gli occhi e per l’olfatto, tra il verde delle piante e degli alberi che costeggiano i palazzi o ne popolano i giardini. A  maggio, il profumo proveniente dai cortili fa quasi male, per quanto è bello.

Allora scendiamo verso Corso Trieste da via Clitunno e sbuchiamo su Piazza Trasimeno, trovandoci davanti lo storico liceo Giulio Cesare e il bar Tortuga (“dove Nietzsche e Marx si davano la mano”). Alle spalle del liceo arriviamo alla bella Piazza Caprera, altro luogo cinematografico perché viene usata nel film “C’eravamo tanto amati” (1974) di Ettore Scola per scandire un cambio di piani temporali. Alle spalle della piazza consigliatissimo addentrarsi su Via degli Appennini e Via delle Isole, che conduce al già citato parco di Villa Paganini.

Tornando indietro su Corso Trieste, invece, si oltrepassa viale Gorizia (dove si trova casa Restuccia di Ricordati di me, 2003), piazza Istria, Piazza Annibaliano fino ad arrivare a viale Eritrea e perciò al cosiddetto Quartiere Africano (dai nomi delle strade).

Costruito su successive  stratificazioni edilizie dalla fine degli anni Venti in poi,  il quartiere è stato spesso set di film, anche importanti. Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica, ad esempio, ambientato a Montesacro, in realtà è stato girato ampiamente tra i palazzi di Viale Libia, viale che compare anche in una scena de Il medico della mutua (1968) all’altezza dell’attuale fermata della metropolitana B1. Alla fine di viale Libia, sulla destra troviamo Viale Etiopia, dove Gassman si trova a passeggiare nel film “Audace colpo dei soliti ignoti” (1960).

Risalendo verso Viale Somalia superiamo Via Mancinelli, dove si trova il complesso dei palazzi dei ferrovieri sede della casa del protagonista de “La valigia dei sogni” (1953) di Luigi Comencini.

Ancora alla fine di Viale Somalia, è stata girata la scena dell’inseguimento di Aldo Fabrizi a Totò in “Guardie e ladri” (1951).

E finalmente arriviamo al polmone verde del quartiere: Villa Ada. Ex residenza reale e secondo parco di Roma per grandezza dopo Villa Pamphilj ospita una sede diplomatica (Ambasciata e Consolato della Repubblica d’Egitto), un bunker fatto costruire da Mussolini per la famiglia Savoia, un bel laghetto artificiale che fa da sfondo d’estate, a Roma incontra il mondo”, rassegna musicale di world music, prati estesissimi e un dedalo di viali alberati dove il verde non è “addomesticato” quanto in altri parchi romani, ma conserva tutto il fascino della natura prorompente. La villa, più che un luogo cinematografico, è un luogo letterario: qui sono ambientati diversi libri. L’ultimo, Pasolini a Villa Ada” di Giorgio Manacorda (Voland, pp.64). Il più famoso invece è il romanzo di Niccolò Ammaniti, “Che la festa cominci” (Einaudi, 328 pp.)  interamente ambientato nel parco.

Allora, che la festa cominci: buona cinepasseggiata nel quartiere Trieste!

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