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Cinespresso | April 19, 2024

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L’affondo di Nymphomaniac con il Vol.2

L’affondo di Nymphomaniac con il Vol.2
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
7
Regia
6.5
Script
6.5

Rating

La linea delle perversioni spinge sull’acceleratore, ma quel discreto barlume di ricercatezza estetica nei quadri visivi qui latita. Piacerà probabilmente agli stomaci più forti dei suoi estimatori più incalliti.

Anno: 2013 Durata: 123’ Distribuzione: Good Films Genere: Drammatico, Erotico Paese: Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Belgio Produzione: Zentropa, Heimatfilm, Film i Väst, Slot Machine, Caviar Films, Concorde Filmverleih, Artificial Eye, Les Films du Losange, European Film Bonds Regia: Lars von Trier Uscita: 23 Aprile 2014

L’epopea peccaminosa di Von Trier volge al termine, o quasi, con la seconda parte di Nymphomaniac

Avevamo lasciato i racconti di Joe (Charlotte Gainsburg) al ritorno di Jerome (Shia LaBeouf). D’ora in poi la vita della ninfomane diventa sempre più lugubre, squallida. Priva di allegorie se non nella scena dei cucchiaini, la narrazione stavolta è girata con l’apparente intento di annoiare oltre che scandalizzare.

Lo schema dei flashback non cambia. Lars Von Trier inserisce Willem Dafoe nei panni del nuovo datore di lavoro della protagonista, Jamie Bell come sadico torturatore a cottimo e Udo Kier nel brevissimo ruolo del cameriere. La linea delle perversioni spinge sull’acceleratore, ma quel discreto barlume di ricercatezza estetica nei quadri visivi qui latita, se non per la scena dell’orgasmo “volante”.

“Dico che sia difficile togliere la vita a qualcuno. Vorrei dire che è più difficile non farlo. Per un essere umano, uccidere è la cosa più naturale che esista. Siamo stati creati per questo. Magnifico”

Ascolta queste parole con aplomb il Seligman di Stellan Skarsgård. L’atmosfera di tutto il Volume 2 di Nymphomaniac rimane quella più lenta e un po’ piatta che nel Vol.1 era presagio tagliato e bilanciato da buone idee. Qui a fare compagnia ci sono giusto citazioni dei paradossi di Zenone su Achille e la tartaruga, o le visioni mitico/blasfeme della donna più narratrice e disperata degli ultimi anni di cinema. Ma non ci sono svolte, soltanto un lento scivolamento nel patetico dei personaggi.

Uno di essi, oltre a L di Dafoe in effetti, avrebbe la possibilità di restituire vita al film, ma Von Trier la drammatizza con poca forza. La ragazza è P, una borderline senza famiglia. A interpretarla è una Mia Goth conturbante quanto enigmatica. Giochi carnali e cattiverie innalzate in nome dei desideri più dissoluti costelleranno anche il suo personaggio. Ma purtroppo, svanita la curiosità destata dal Vol.1, alla fine della visione l’intrigo è assente, rimanendo invece un amaro nulla per una storia banalizzata con il passare dei minuti.

È proprio adesso che scatterà la trovata commerciale dello strascico. La versione uncut, quella monumentale di 5 ore e mezza conterrà un’ora e mezza di pellicola in più. Non solo censura ma dettagli narrativi, a quanto pare, nei quali, flebile speranza, si potrebbe nascondere qualcosa di meno scontato di quanto il Vol.1 regala. Ma se fosse davvero così, perché negarcelo per ben due film, se non per tirare avanti il più possibile un plot forse soltanto un po’ debole? La risposta sarà custodita soltanto in un nuovo, ennesimo e scabroso lungo buio di proiezione.

Per il resto il cerchio si chiude intorno a una pellicola sulla quale si può dire tutto, e il suo contrario. Ricercata blasfemia, immagini shock, squallore morale alternato a corrosivo sarcasmo. Controverso e spiazzante come nella sua tradizione, il regista danese è tornato. E il suo film piacerà probabilmente agli stomaci più forti dei suoi estimatori più incalliti.

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