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Cinespresso | March 29, 2024

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Russell Crowe sull’Arca di Noah

Russell Crowe sull’Arca di Noah
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
7
Regia
4.5
Script
6.5

Rating

Un’opportunità che poteva essere colta affidando il progetto non a un grande autore di potenti storie d’uomini, ma a costruttori di mondi altri e epiche avventure.

Anno: 2014 Durata:138’ Distribuzione: Paramount Pictures Genere: Drammatico, Biblico Paese: Usa Produzione: Disruption Entertainment, New Regency Pictures, Protozoa Pictures Regia: Darren Aronofsky Uscita: 10 Aprile 2014

L’Arca di Noè approda nei cinema con una storia che dovrebbe essere un grande film, ma alcune volte succede anche altro

Questa parte della Genesi fino ad oggi era sempre stata negata nella sua interezza al pubblico cinematografico. Ma ci ha pensato Darren Aronofsky, il regista culto del Cigno Nero e The Wrestler, a risolvere questa lacuna del mondo di celluloide nei confronti di una delle storie più affascinanti seppur enigmatiche, nella sua criptica versione dell’Antico Testamento.

Noah (Russell Crowe), discendente di decima generazione di Adamo vive di quello che offre la natura. Con la moglie Naamah (Jennifer Connely) insegna ai tre figli Sem (Douglas Booth), Cam (Logan Lerman) e Jafet (Leo Carroll) il rispetto per le leggi e la terra di Dio. Presto però dei flash ne scuoteranno il sonno e la veglia con visioni di apocalisse acquatica e violenze tra gli uomini discendenti da Caino. Una vastissima stirpe d’infedeli determinati a una consapevolezza della terra unicamente materialistica che credono esclusivamente loro, non del Padre.

Il lungo cammino attraverso le lande desolate e le miniere abbandonate costellate di ossa – non meglio giustificate tubature in metallo – e cadaveri porterà la famiglia prescelta nella terra dei Guardiani, giganti di roccia in principio Angeli caduti. E qui al cospetto di Matusalemme (Anthony Hopkins), il nonno di Noah, e unico vivente ad aver conosciuto Abele, saranno aiutati proprio dai Guardiani. L’Arca di Russell Crowe è un’enorme scatola di legno realmente costruita fedelmente alle misure bibliche in un set di New York, e gli effetti digitali sugli animali sono ben fatti quando sono già accoccolati nell’imbarcazione. Lascia un po’ più a desiderare invece la parte dinamica. Trionfale per la coralità, ma un po’ soffocata dal 3D, e chissà perché, priva di felini e altri grandi predatori.

“L’uomo verrà punito per quello che ha fatto al mondo. Anche noi potremo ricominciare, credo. Ricominceremo in un mondo migliore”

Il cast non si comporta male, anzi. Crowe fa il suo, anche se non è al suo massimo, la Connely è molto intensa e Emma Watson è una felice sorpresa. Sir Hopkins invece regala il miglior personaggio del film. Il suo Matusalemme è sarcastico, ieratico e autorevole in forma e sostanza tanto con il nipote patriarca e la sua famiglia, quanto con i suoi thè e la raccolta di bacche.

Il problema non sta neanche troppo nella scrittura. Coraggiosamente, la scelta di manipolare in giganti di pietra dalla forma quasi di Titani mitologici, partendo dai cosiddetti Nefilim della Genesi (o “gli eroi dell’antichità, uomini famosi” partoriti dalle donne dopo l’unione con i figli di Dio), offre una scossa interessante alla drammatizzazione dei personaggi intorno alla fede, anche se la variazione sul tema farà arricciare il naso a qualche teologo. Sta di fatto che la costruzione narrativa di questi mostri di roccia non compensa una regia comunque scialba.

La buona direzione d’attori non manca. A questo, Aronofsky ha ben abituato il suo pubblico, ma la gestione di un vero e proprio mega-set è tutt’altro. L’azione della macchina da presa è tutta affidata all’effettistica, non sempre all’altezza (come la dubbia animazione della colomba bianca che chiuderà il Diluvio). Non ci sono tagli che colpiscano davvero lo spettatore, se non la coralità delle scene in totale. La prima goccia di pioggia del Diluvio Universale è una poco inedita soggettiva davvero troppo simile a quella che segue la morte di Gesù in The Passion di Gibson. Non che la citazione sia da vietarsi o non gradita in genere, ma qui la scelta, tra le mille possibilità nella fantasia di un regista di tale caratura poteva anche differenziarsi.

“Girando in auto per quei luoghi pensavo: «Wow, questo è perfetto per Noah». Sembra una terra primordiale perché si vedono ancora il calore e il vapore che escono dalla terra”

Il punto questo Noah lo segna sicuramente nelle location. Come dalle dichiarazioni dello stesso regista che scoprendo l’Islanda durante un viaggio ne scelse le nordiche lande per rappresentare un mondo perduto nel tempo, dove Noè e i suoi avi vivevano per centinaia di anni. E un altro ancora è l’inaspettato Tubal-cain di Ray Winstone. Il malvagio figlio di Caino che contrasta Noè nella costruzione dell’Arca è stato aggiunto in questa trasposizione pur non essendo menzionato nei capitoli riguardanti, ma la drammaturgia funziona – oltre all’intrigante attore di Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, e The Departed – per la determinazione di un protagonista tormentato dal suo fragile lato umano.

Considerando uno script interessante, anche se un po’ raffreddato dalla regia sbagliata, magari tra qualche anno ne vedremo una nuova versione. Un’opportunità che poteva essere colta affidando il progetto non tanto a un grande autore di potenti storie d’uomini, ma a un costruttore di mondi altri e epiche avventure. Il pensiero vola su tanti nomi, e non soltanto su chi, filmicamente s’intende, ha fatto colonizzare e salvare pianeti blu, o  a chi invece ha permesso a un solo uomo di salvare centinaia di ebrei dalla Shoah. A parte le digressioni, l’occasione resta quella di portare nei cinema l’Antico Testamento, testo sacro per ebrei e cristiani che potrebbe regalare ai più giovani, e non solo, qualche spunto per una vita interiore.

Altre foto da “Noah” sono sulla nostra pagina Facebook

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