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Cinespresso | April 23, 2024

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Elio Germano viaggia “al termine della notte”

Elio Germano viaggia “al termine della notte”
Francesco Di Brigida

Review Overview

Interpretazione
8
Regia
7
Drammaturgia
8

Rating

Un crescendo spietato e raffinato di suoni, archi, elettricità che avvolgono Germano, curvo e imprevedibile come il becco di un corvo, a vomitare con lucido carisma il testo dell’autore francese.

Il respiro dell’umanità notturna e sconfitta di Céline torna a tuonare dalla voce di Elio Germano e le sonorità di Teho Teardo

Nero nel titolo e nei contenuti senza redensione, Viaggio al termine della notte, romanzo simbolo di Luis-Ferdinand Céline è tornato a respirare dai polmoni dell’attore romano che vestirà i panni di Giacomo Leopardi nel nuovo film di Mario Martone, Il giovane favoloso. Location della performance stavolta è il Teatro Massimo, e il pubblico quello di una placida e quasi ignara Pescara.

Elio Germano è accucciato nella sua piccola scrivania microfonata a inondare la sala di sospiri dalle sonorità radiofoniche d’annata. Il viaggio in un dolore esistenziale, sudato, evidente, ha inizio. Il mare scuro di parole s’intermezza, fonde e frange con le atmosfere tessute da Teho Teardo. Chitarra e synth come piccola orchestra da camera completata dal violoncello di Martina Bertoni. Un crescendo spietato e raffinato di suoni, archi, elettricità che avvolgono Germano, curvo e imprevedibile come il becco di un corvo, a vomitare con lucido carisma il testo dell’autore francese.

“Alla fine siamo tutti seduti su una grande galera, remiamo tutti da schiattare, puoi mica venirmi a dire il contrario! Seduti su queste trappole a sfangarcela tutta noialtri! E cos’è che ne abbiamo? Niente! Solo randellate, miserie, frottole e altre carognate”

Viaggio al termine della notte è un romanzo di rottura con le forme novecentesche. Il protagonista, Ferdinand Bardamu, è un medico, alter ego dello scrittore, che attraversa la Prima Grande Guerra e il suo dopoguerra, il lavoro quasi missionario nelle Colonie e in una Parigi di disereditati e negli Stati Uniti. Tutto in un pamphlet di confidenze e ciniche riflessioni scritte in prima persona. Adottando un linguaggio molto popolare, nel 1932, anno della prima pubblicazione, Céline conquistò sia i lettori francesi che la critica, rivelandosi come autore duramente satirico della professione medica.

Quello di Germano e Teardo è uno spettacolo che parte dalla base del reading per affondare in denti nelle coscienze. Spogliare lo spettatore non soltanto del tabù di una narrazione lineare, ma lo scardinarne la sensibilità con parole di ottanta anni fa che restano attuali sul trattamento della sessualità come del sentimento. Non è solo questo il risultato dello spettacolo. L’ignominia del godere quanto il walzer delle pene per la dissimulazione che porta al fallimento vengono a galla, in una tenebra originariamente nichilista che adesso sembra monito.

Le anime digrignanti dei personaggi scelti da Germano sono parte della stessa fanghiglia di disperazione e sconfitta che permeava l’Europa tra le due Grandi Guerre. L’attore le fa proprie, insieme al testo spietato, e intesse una prova ardua tutta di spalle e voce passando per la cervice e affondando nella pancia. Ogni sonorità crea nuove tensioni, immagini e incubi. Una punteggiatura vibrante che dalle gocce elettroniche alla pioggia d’archi e bassi regala al romanzo un vestito postmoderno.

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