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Cinespresso | April 20, 2024

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Lone Survivor: La sopravvivenza di Mark Wahlberg

Lone Survivor: La sopravvivenza di Mark Wahlberg
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
7.5
Regia
7
Script
6.5

Rating

Le nuove generazioni hanno da adesso il loro Platoon. Risultati ottimi nell'action, anche se un paio di voli con ruzzolate assortite da dirupi sembrano eccessivi. Ma questa è Hollywood, prendere o lasciare.

Anno: 2013 Durata: 121’ Distribuzione: Universal Pictures Italia Genere: Guerra, Biografico, Azione Nazionalità: Usa Produzione: Film 44, Furla Films, Herrick Entertainment, Envision Entertainment, Spikings Entertainment, Single Berry, Closest to the Hole, Leverage Regia: Peter Berg Uscita: 20 Febbraio 2014

Dopo il duetto con Denzel Washington in Cani sciolti, Mark Wahlberg torna con un film verità su una drammatica missione di Navy Seals in Afghanistan

La fantaguerra aliena di Battleship è finita, ma Peter Berg torna a raccontare di fatti cruenti, di soldati e di battaglie. Stavolta però si basa su eventi realmente accaduti. Nel 2005 una squadra di Navy Seals fu inviata in una regione particolarmente impervia e boscosa dell’Afghanistan. La missione Operation Red Wings aveva come bersaglio il leader talebano Ahmad Shah, nel Lone Survivor , interpretato da Yousuf Azami e in uscita il 20 febbraio. Il Tenente Michael Murphy (Taylor Kitsch), l’Ufficiale Marcus Lutrell (Mark Wahlberg), il Tiratore Danny Dietz (Ben Foster) e il Tecnico del Sonar Matthew Axelson (Emile Hirsch) erano in ricognizione per intercettare, fotografare ed eliminare Shah durante lo stazionamento in un villaggio. A dirigere l’operazione dalla base era il Maggiore in Comando dalla base americana in Afghanistan, Erik Kristensen (Eric Bana).

Lone Survivor è il racconto di quella missione che diventò massacro per i soldati americani. Una trappola mortale tra le montagne con esercito talebano alle loro caccia, per un minuscolo drammatico dettaglio saltato fuori all’improvviso. Ci si divide tra vita e lavoro dalla base e missione in mimetica, con un Erik Bana a dirigere l’operazione nonostante le comunicazioni in difficile stato tecnico e i quattro attori usualmente dediti all’action, questa volta in  mimetica e tra le fronde.

“Ne ammazzeremo molti di più, vedrai”

La storia triste e avvincente dei quattro personaggi e della loro fratellanza comparve originariamente nel bestseller omonimo edito dal New York Times, scritto a quattro mani del sopravvissuto Lutrell e di Patrick Robinson. Nelle mani di Berg diventa un war movie velocissimo, coinvolgente dal lato tecnico – 2 le candidature agli Oscar per il Sonoro – e ammirevole per il lavoro degli attori su un set difficile e impervio. In veste di protagonista, ma anche di produttore, Wahlberg ha dichiarato: «La sceneggiatura mi ha commosso. Quindi sentivo di essere sulla strada giusta. Mi è piaciuto molto l’equilibrio tra dramma, azione, umorismo ed emozione. Nella prima parte appaiono questi ragazzi, la loro amicizia e i loro impegni sul posto. Poi, quando inizia Red Wings, la loro goliardia diventa serietà».

Il film sgretola la sua coralità intorno al protagonista a furia di colpi d’arma da fuoco, ferite, talebani accoppati ed esplosioni di ogni genere. Una delle note ironiche sta nei nomi delle tappe Red Wings, ribattezzate dalla squadra con quelli di birre: Corona, Bud, Heineken, Miller e Shiltz Malt Liquor. Guerra e biopic si mescolano tra un gruppo di ragazzi vitali, le loro famiglie ad attenderli dalle foto appese al muro sui letti, i suoni metallici delle armi e gli occhi paurosi e sanguinari su un fronte drammaticamente a tutto campo.

Per alcune scene di catarsi bellica, le nuove generazioni hanno da adesso il loro Platoon. L’azione è ben resa da Berg e da un grande cast che lo ha seguito con cura e forti risultati. Il movimento della macchina da presa è repentino sugli attori, e l’ambientazione in un verde inospitale è claustrofobica. Non è esattamente il solito film da sottotesto: “gli americani sono i buoni e i talebani sono i cattivi”. La dimensione verità emerge con fragore. Forse più commosso che commovente, perchè cerca la lacrima piuttosto che viverla, ma ci sono piccole sfumature e rivelazioni che pongono quantomeno domande, seppure gran parte del focus resti sulla battaglia. Per questa, ogni fase di lavorazione porta risultati ottimi, anche se un paio di voli con ruzzolate assortite da dirupi sembrano eccessivi – gravitazionalmente e ortopedicamente quasi inaccettabili – quando tutto il resto fila comunque. Ma questa è Hollywood, prendere o lasciare.

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