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Cinespresso | April 24, 2024

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L’odissea di Robert Redford

L’odissea di Robert Redford
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
8
Regia
7.5
Script
7.5

Rating

Un buon film, progressivamente tensivo, seppur muto. Non è una storia sulla vela, ma sulla lotta per la sopravvivenza. Redford offre un’interpretazione compassata, concentrata, d'altri tempi, costruita sulla compostezza di volto e fisicità.

Anno: 2013 Durata: 86’ Distribuzione: Universal Pictures Italia Genere: Drammatico, Avventura Nazionalità: Usa Produzione: Before The Door Pictures, Washington Square Films, Black Bear Pictures, Treehouse Pictures, Sudden Storm Productions Regia: J.C. Chandor Uscita: 6 Febbraio 2014

La star di Hollywood alle prese con un’incredibile avventura in barca a vela, in solitaria. Il titolo del nuovo film è All is lost – Tutto è perduto

Negli ultimi mesi sono tornati sul grande schermo vecchi leoni e leonesse di Hollywood. Dal quartetto composto da De Niro, Douglas, Freeman e Kline di Last Vegas alle candidate all’Oscar come Miglior attrice protagonista Maryl Streep e Judy Dench, in lizza per la statuetta rispettivamente con I segreti di Osage County e Philomena. Ma anche le adrenaliniche rentrée di Stallone e Schwartzenegger con Il Grande Match per il primo e Escape Plan anche per entrambi. Da questo nutrito e variegato gruppo di star  non si è tirato indietro Robert Redford. Il fondatore del Sundance si è fatto dirigere per la prima volta da J.C. Chandor, talentuoso regista esordiente di Margin Call, presentato proprio al festival indipendente dello Utah nel 2011, e in uscita con questa sua opera seconda il 6 febbraio.

Il loro All is lost è un film a un personaggio. Un affascinante navigatore avanti con gli anni che a largo di Sumatra scopre una grossa falla sullo scafo, provocata dall’impatto improvviso con un container naufragato. Da qui inizia una lotta silenziosa e tenace per non affondare e raggiungere un tratto trafficato dove trovare aiuti. La regata orgogliosa e disperata di Redford è raccontata in una sceneggiatura coraggiosa. Le trenta pagine di John P. Goldsmith ne racchiudono, svelandolo gradualmente, il dramma della lotta per la salvezza di un uomo senza nome. Una declinazione moderna e molto contratta, quanto libera de Il vecchio e il mare di Hemingway.

“Qui è il Virginia Jean. Chiamata di soccorso. Passo. Qui…”

Sono tra le rare parole di un attore di grande carisma. Sì, perché non è per nulla scontato, con un Oscar alla Carriera vinto 12 anni fa, affrontare all’età di 77 lune una lavorazione così complessa, bagnata e difficile, vista praticamente anche l’assenza di parlato. Un’interpretazione compassata, concentrata, d’altri tempi, costruita sulla compostezza di volto e fisicità. E nonostante alcune imprecisioni e ingenuità in scrittura e regia nei confronti della vera attività velica, le rughe di Redford riflettono le onde e l’incresparsi di un personaggio pari a quelle di un oceano impietoso e inesorabile, rovesciando sullo spettatore il giusto pathos.

La lotta dell’uomo contro una natura sovrana è raccontata in maniera non prevedibile. Non si punta alla grande apertura dell’obiettivo a servizio di un’agorafobia in blu. Invece lo sguardo di Chandor è piuttosto claustrofobico, chiuso su plancia, dinette e strumentazioni, manipolate continuamente dal reattivo nostromo a sangue freddo, con la quiete quanto contro la tempesta.

Tra fusilli al pomodoro, whisky di momentanea rassegnazione, scatolame d’emergenza e pesca arrangiata al cospetto di squali e barracuda, il solitario Redford si muove operoso contro ogni sorta di evento nefasto. In contrasto con la sua odissea senza terra e in balia di una crociera che si rivelerà giostra letale.

Uno dei temi musicali, firmato da Alex Ebert, è di poche note, ma con la sua fanfara sembra la metafora della fine di una star, un lungo ammainabandiera al quale non piegarsi, il combattimento dell’uomo contro la natura. Un elemento è anche il sonoro, così lo sciabordio come i cigolii delle carrucole, il sibilare delle cime al vento quanto il suo soffio, il crepitio dei legni sotto i passi e le azioni del protagonista sono i suoi veri compagni. All is lost è un buon film, progressivamente tensivo, seppur muto. Non è una storia sulla vela, ma sulla lotta per la sopravvivenza. Comunque consigliato a tutti gli appassionati di mare ma, per gli esperti più esigenti, con leggerezza sulla rappresentazione romanzata della vela che ne viene fuori. Del resto i vari Rambo e Die Hard non vennero amati per la veridicità dell’uso di armi o di salti illesi dei protagonisti a seguito di esplosioni spettacolari.

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