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Cinespresso | March 29, 2024

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L’amore dopo la Shoah: Anita B.

L’amore dopo la Shoah: Anita B.
Ireneo Alessi

Review Overview

Cast
6.5
Regia
6
Script
6.5

Rating

Il regista di "Prendimi l'anima" porta in sala una delle poche pellicole incentrate sul post tragedia. Una storia d'amore e cambiamento. A prevalere è il gusto schietto della narrazione che si lascia seguire con piacere, ma senza particolare slancio.

Anno: 2014 Durata: 88′ Distribuzione: Good Films Genere: Drammatico Nazionalità: Italia, Ungheria, Usa Produzione: JeanVigo, Cinema 11 Undici, Rai Cinema Regia: Roberto Faenza Uscita: 16 Gennaio 2014

Faenza racconta il post Olocausto con gli occhi di una sedicenne. Sulla sua pelle la consapevolezza del dramma consumato, i battiti di un amore vissuto dentro di sé, tra Praga e Gerusalemme, e un bagaglio stretto tra le mani: “il futuro”

Cos’è l’amore per una ragazza che ha sperimentato l’inferno? E cosa significa essere ebrei sopravvissuti ad Auschwitz nell’Europa del dopoguerra? Sono le umane conseguenze di chi prova a voltare pagina seppur con difficoltà per tornare a un’esistenza ‘normale’.

– Sei sposato?

– No, io voglio vivere. Impara a mordere la vita

Tratto dal romanzo “Quanta stella c’è nel cielo” di Edith Bruck, Anita B., dove l’iniziale sottintende un omaggio alla scrittrice stessa, è una delle poche pellicole che si concentra sul post tragedia, sulla memoria ‘negata’ di una giovane donna che insiste nel ricercare le proprie radici sotto la coltre di macerie di un passato che non vuole dimenticare.

“Lascia Auschwitz fuori da questa casa”

Anita è un’adolescente di origini ungheresi sopravvissuta alla Shoah e accolta non lontano da Praga dall’unica parente rimasta in vita: Monika, sorella di suo padre che però si guarda bene dall’essere chiamata zia. Per lei che vive con il figlioletto Roby insieme al marito Aron e al di lui fratello, l’affascinante Eli (interpretato da Robert Sheehan, il divo di Misfits e Shadowhunters), l’arrivo della nipote scatena sentimenti contrastanti.

Tra le montagne della Cecoslovacchia la giovane scoprirà l’amore e un’amicizia profonda, sperimentando il cambiamento fino a confrontarsi con una fredda realtà in cui nessuno vuole ricordare il passato; ad adattarsi in quel villaggio di Sudeti, dove i nazisti sono rimpatriati a forza e i sopravvissuti vengono trasferiti nelle loro abitazioni. In uno scenario che guarda all’avvento del comunismo non senza tensione, Anita detta anche “Zuleika”, per via della sua bellezza, dovrà intraprendere una coraggiosa decisione.

“Io voglio ricordare tutto… Senza memoria non siamo nulla”

Attraverso la vicenda di Anita, il regista di Prendimi l’anima, seppur indirettamente, affronta il tabù dell’esperienza nei campi e il conseguente muro di silenzi che porta all’oblio. Come cavallucci in una giostra, uomini e donne rincorrono la voglia di ricominciare daccapo riprendendo le attività, lanciandosi in balli liberatori durante la festa di Purim, come nel caso dello zio Jacob, interpretato ottimamente da Moni Ovadia, o riappropriandosi di piccoli gesti, di quei momenti nascosti ai più, come il semplice ascolto di canzoni straniere alla radio, minuscoli pegni di speranza capaci di far sognare nuovamente a occhi aperti un popolo.

“Siamo andati a mangiare i falafel che a papà piacciono tanto ed eravamo felici”

Nella pellicola, tra citazioni di Sándor Petőfi e Isaac Singer, scene eterne de “Il grande dittatore” di Chaplin e le calzanti musiche di Paolo Buonvino prevale il gusto schietto della narrazione che si lascia seguire piacevolmente sebbene priva di particolare slancio. L’iconografica storica a tratti si fa rarefatta grazie alla fotografia di Catinari e il cast internazionale è diretto senza indugi. La sceneggiatura porta la firma di Edith Bruck e dello stesso Faenza, insieme a Nelo Risi e Iole Masucci. Va detto inoltre che il film, il 27 gennaio, in occasione della Giornata della memoria sarà proiettato al museo Yad Vashem di Gerusalemme, giusto per “non dimenticare”.

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