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Cinespresso | April 20, 2024

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“Dal Profondo”, l’ultima minatrice italiana

“Dal Profondo”, l’ultima minatrice italiana
Martina De Angelis

Review Overview

Cast
7
Regia
7.5
Script
7

Rating

Un documentario di forte impatto visivo ed emotivo, in cui la regista riesce a raccontare con elementi essenziali e un tocco di originalità dato dal punto di vista tutto femminile, la durissima vita dei minatori sardi che ogni giorno lottano per sopravvivere e per tornare a vedere la luce.

Anno: 2013 Durata: 72’ Distribuzione: La Sarraz Pictures s.r.l. Genere: Documentario Nazionalità: Italia Produzione: La Sarraz Pictures s.r.l, Rai Cinema, BLS-Sud Triol, Piemonte Doc Film Fund, Sardegna Film Commission Regia: Valentina Zucco Pedicini Uscita: 14 Novembre 2013

Il Miglior Documentario italiano del Festival del Cinema di Roma racconta, tramite i profondi occhi dell’unica minatrice donna italiana, la vita dura e oscura dei minatori sardi della Carbosulcis Srl, in un toccante viaggio nell’oscurità del sottosuolo

Dal Profondo ribalta completamente le nostre prospettive abituali, mostrando un mondo nascosto 500 metri sotto il livello del mare e la vita lì celata, avvolta in una lunga notte senza fine, senza stagioni, senza tempo. Il documentario di Valentina Zucco Pedicini, talentuosa regista brindisina, accende una luce sulla realtà di un lavoro secolare che è orgoglio e maledizione, e segue la vita di Patrizia Saias, unica donna minatrice d’Italia, che dialoga con un padre morto a causa della pesante eredità lasciata, quei chilometri di gallerie oscure, soffocanti, pericolose, e a cui racconta la lotta che i 150 minatori della miniera Carbosulcis Srl (Carbonia-Iglesias) sono pronti a compiere al mondo “di sopra” per scongiurare una chiusura ormai imminente.

Fin dalle prime immagini appare chiaro del perché Dal Profondo sia stato scelto come Miglior Documentario italiano all’ottavo Festival Internazionale del Film di Roma: il film è, sin dai primi minuti, un viaggio poetico e doloroso in un mondo duro, ma la sua vera forza è proprio Patrizia, che per la prima volta racconta un habitat solitamente esclusivo degli uomini, e lo racconta con una voce calda e forte, con orgoglio e semplicità, con i suoi occhi azzurri che bucano lo schermo. Quello che la regista Valentina Zucco Pedicini riesce a fare è una vera e propria impresa, un’esperienza visiva, sonora e umana che vive del contrasto tra luce esterna e la profonda oscurità del sottosuolo, nel quale si accendono come luci primi piani intensi, sguardi di commozione e paura, e le emozioni di forte impatto di Patrizia, colei che ha ispirato tutto il progetto: «Scendere con lei anche solo una volta in miniera – ha spiegato la Pedicini – ha determinato lo stile del film. Un film ambientato sottoterra, al buio, dove la natura ostile ha costretto i protagonisti e la troupe a nuoce forme di adattamento, siano esse lavorative e fisiche, siano espressive e filmiche».

“Respira, respira piano, i tuoi occhi presto si abitueranno al buio…”

Dal profondo infatti non è stato solo una sfida dal punto di vista emotivo, ma è stata anche una notevole impresa fisica per regista e troupe: il documentario è girato totalmente sottoterra, e la squadra è rimasta per 26 giorni nel sottosuolo, una vera impresa ottenuta dopo 2 anni di richieste per un “accesso esclusivo” che ha permesso di portare ogni giorno su e giù le ingombranti attrezzature cinematografiche, facendo i conti con spazi ristretti e tempi di ripresa totalmente differenti da quelli richiesti da un normale film.
In questo modo però la regista è riuscita ad immedesimarsi del tutto in Patrizia, e a sperimentare sulla sua pelle quanto può essere dura la vita lì sotto: «Quello della miniera è un mondo capovolto, lì non valgono le stesse regole del di sopra, tutto cambia, il respiro, i suoni, i colori e l’umanità».

Proprio grazie a questa immedesimazione la Pedicini è riuscita ad aprire una finestra più che realistica su un mondo celato agli occhi di tutti, riuscendo a trasmettere l’amore che i lavoratori della miniera provano per il loro “ambiente naturale”: a noi può sembrare folle, ma molti di loro sono per così dire figli d’arte, hanno ereditato da padri e nonni questa professione ancestrale e non riescono a vedersi da nessun’altra parte se non in quelle gallerie oscure.
Ma la regista deve molto della riuscita di questo documentario alla sua protagonista, Patrizia, che sembra un’opera d’arte forgiata da uno scultore sardo: i suoi penetranti occhi azzurri illuminano un volto scavato e annerito dal carbone, il suo fisico è minuto ma granitico, le sue spalle sono piccole ma portano un peso enorme. Patrizia ricorda suo padre, morto proprio a causa di questo lavoro, ci spiega il senso della miniera che le ha trasmesso, e che lei a sua volta ha passato al figlio 25enne, che per parte sua ci mostra i dubbi di una nuova generazione che comprende i rischi e forse oggi l’inutilità di impiegare risorse umane a tali profondità, compromettendo la loro salute: «Ho 25 anni, posso ancora cambiare. La sera lo sappiamo bene noi cosa ci esce dal naso… tanto poi la chiuderanno, non ne vale più la pena».

“Non avere paura, questo è il nostro mondo, questa è casa tua”

Il lavoro di Valentina Zucco Pedicini è un vero e proprio viaggio al centro della terra che apre un tema scottante e problematiche troppo spesso accantonate dai media, e lo fa in un modo del tutto originale, focalizzando l’attenzione sulla parte femminile di questa realtà, raccontando non solo il punto di vista di Patrizia, ma anche di quelle mogli, fidanzate e sorelle che hanno assistito i loro cari con i polmoni pieni di polvere nera,  o li hanno pianti dopo che i macchinari difettosi li hanno uccisi senza esitazione.
Dal Profondo è un viaggio che colpisce le viscere, un lavoro di rara intensità capace di trascinare con sé sottoterra, e che con il suo montaggio sospeso, con i suoi lunghi silenzi, con la sua cruda realtà fa sperimentare quasi sulla pelle una vita passata nel buio, nella lotta continua per mantenere la propria famiglia, per sopravvivere, per tornare a vedere la luce.

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