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Cinespresso | April 16, 2024

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Neri Parenti: risate mostruosamente proibite 2/2

Neri Parenti: risate mostruosamente proibite 2/2
Francesco Di Brigida

Una pletora di amici, sceneggiatori e giornalisti ha coccolato Neri Parenti per una giornata particolare. Fatta di racconti e aneddoti sul mestiere di fare un film l’anno. La seconda parte dell’incontro

La difficoltà per Neri Parenti non è soltanto quella della costanza e dell’originalità all’interno della serialità più sfrontatamente vincente, ma nella lavorazione brevissima, tra set e montaggio. Tempi da record che non sono mai bastati ad allontanare il pubblico dalla sala, anzi. Fenomeno vero e proprio che con la coniazione o meno del cinepanettone ha inventato un sottogenere ben definito. Ad Assisi, per la XXXII edizione del Primo piano sull’autore e in un clima di ritrovo tra vecchi amici ha preso la parola anche Milena Vukotich, bravissima attrice venuta dal teatro, ma entrata nell’immaginario come Pina Fantozzi. Il suo intervento è stato molto breve e delicato. «Un grande senso di gratitudine per Neri Parenti. Tutto quello di positivo che ho  raccolto in questi anni lo devo a lui, alla saga fantozziana. Un bellissimo tragitto e un altrettanto bel rapporto lavorativo».

Orio Caldiron, critico e docente universitario di Storia del Cinema ha espresso le sue considerazioni su Parenti definendolo «il rappresentante tipico di un cinema industriale che non lascia nulla al caso. Un film che sembra fatto sul momento è, invece, caratterizzato da un percorso complesso assolutamente raro, di circa 10 mesi, che va dall’ideazione alla progettazione. Ogni fase è essenziale. E questo è un aspetto che la critica coglie di meno».

E poi è arrivato il turno di Carlo Vanzina, forse il vero gemello artistico del regista toscano nella creazione di quella galleria di personaggi e mostri comici divertenti o sguaiati, pungenti o guasconi, tombeurs des femmes o misogini, cornuti o amanti, che costellano gli ultimi decenni dalle sale natalizie. «La cosa che trovo ammirevole di Neri è che lui non ha mai mollato il film comico, facendolo meraviglioso. Forse è il regista che ha avuto più successo in Italia. E la sua è la capacità rara di saper trovare la comicità in una situazione, magari anche ora. In questa, adesso. Io ho un fratello, Enrico, e poi un altro fratello, che è Neri».

Il regista di Sacco e Vanzetti e Marco Polo, Giuliano Montaldo ha confessato invece di aver provato una sola volta a fare una commedia. «Ma ho sempre avuto paura del forte rapporto che c’è tra gli attori comici e il loro pubblico. Ricordo che avevo proposto ad Alberto Sordi di girare un film su Gioacchino Belli e lui ne fu subito entusiasta, visto che conosceva a memoria i versi del poeta. Dopo qualche giorno, però, mi chiamò dicendomi che rinunciava: “Ma come! Il Belli derideva il Papa e lavorava per il Vaticano, io non me la sento… C’ho paura a’ Giulia’!” Se glielo avesse chiesto Neri, forse l’avrebbe fatto».

Hanno partecipato a questo ritratto collettivo anche i suoi sceneggiatori, Alessandro Bencivenni, Volfango De Blasi, Marco Martani e Domenico Saverni. In particolare Bencivenni ha sottolineato la natura autoriale dei film di Natale. «Questa riabilitazione in vita dei film di Neri dimostra cosa sia il cinema d’autore: il cinema è d’autore se riconosci immediatamente l’autore del film. È questo il caso dei suoi lavori». Considerazione condivisibile se si guarda al risultato, alle sue forme e alla mano macchinica di Parenti. Mentre tutti gli altri hanno raccontato, come in una divertente staffetta, alcune scenette di vita creativa al servizio dello sketch del regista di Infelici e contenti, I pompieri e Natale in India.

E a intervenire è stato anche un giovane regista di grande successo formatosi proprio come sceneggiatore sui plot di Parenti tra i quali Bodyguards, Natale a New York e Merry Christmas. Si parla di Fausto Brizzi, anche lui campione ai box office con i Notte prima degli esami,  Maschi contro Femmine, e prossimo all’uscita con Indovina chi viene a Natale? «Volevo raccontare il metodo di Neri. Che è quello che mi ha insegnato, che ci ha insegnato. Il metodo di lavoro di gruppo. Si stava insieme dalle 9 di mattina alle 9 di sera, tutto il giorno, a casa sua. Poi la Filmauro ci ha preso uno scantinato (poi un appartamento però) da dove vedevamo i lavori per un ascensore, del quale una volta ci chiesero addirittura consigli per il montaggio! A parte gli scherzi, vivere, lavorare insieme scambiando opinioni, conoscendosi, guardando altri film insieme è quell’humus dal quale sono nati anche tanti capolavori del cinema francese anni settanta. Un metodo apparentemente leggero di lavorare, che invece dà sempre i suoi frutti».

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