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Cinespresso | April 24, 2024

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La fine del mondo di Pistoletto: “Twenty-One-Twelve”

La fine del mondo di Pistoletto: “Twenty-One-Twelve”
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
6
Regia
4
Script
4

Rating

Progetto entusiasmante in sinossi. Ma francamente noioso e senza nervo né filo l’opera finale. Peccato. Il documentario rimane il tentativo non centrato di una grande idea.

Anno: 2013 Durata: 137’ Genere: Documentario Paese: Portogallo In collaborazione con Maxxi – Museo Nazionale Delle Arti Del Xxi Secolo Regia: Marco Martins e Michelangelo Pistoletto

L’artista portoghese Pistoletto incontra il regista Martins in uno sguardo globale nel giorno della presunta fine del mondo

La previsione dei Maya era che la fine del mondo conosciuto sarebbe avvenuta il 21 dicembre del 2012. Ma siamo ancora qui a parlarne. Michelangelo Pistoletto invece, insieme a Marco Martins ha pensato di raccontare per immagini quel mancato ultimo giorno di vita di noi tutti. Twenty-One-Twelve-The-Day-The-World-Didn’t-End, presentato nella sezione CinemaXXI del Festival del Film è un documentario dal concept in piena videoarte, ma dalla riuscita poco godibile dalla poltrona di un cinema. Si susseguono scene di vita di persone. Artisti, intellettuali, scienziati, pastori, da vari angoli del pianeta. Due continenti soltanto, purtroppo. C’è l’Europa con Biella, Parigi, Lisbona, Trás dos Montes, Vilar de Perdizes, Oxford. E poi c’è l’Asia di Tokio, Mumbai, Varanasi.

“Cosa fare l’ultimo giorno? Prepararsi per il giorno dopo”

Uno scrittore portoghese, Gonçalo M. Tavares, riflette filosoficamente intorno all’ultimo giorno dell’umanità sulle battute poderose imposte al suo pc. La performer nipponica Noriko Morita crea le sue evoluzioni nella neve. Il musicista e sperimentatore Jem Finer ruba le sonorità dei boschi nei dintorni di Londra. Pedro Ferreira discute di antigaussianità con i suoi studenti di astrofisica a Londra. Pranzi e cene in un orfanotrofio indiano, la purificazione nel fiume Indo, o le composizioni di loop sovrapposti del cantautore e soundartist Noiserv sono solo alcuni dei suoni, immagini e situazioni che scorrono morbide sullo schermo, nelle oltre due ore di quotidianità straordinarie riprese da Pistoletto e Martins.

Progetto entusiasmante in sinossi. Ma francamente noioso e senza nervo né filo l’opera finale. Non è soltanto l’aver spinto troppo su certi Paesi, quanto l’aver omesso Africa, Oceania e Americhe –dalle quali tra l’altro proviene proprio l’incipit del film– a costituire un vero e proprio vuoto interrogativo. Nonostante il pistolotto iniziale, un po’ banale ma plausibile, dell’artista portoghese, il film non dice poi molto. Neanche per immagini. Vero è che l’intenzione era quella di mostrare una quotidianità globale, quasi banale. Ma fotografia e immagini non sono belle. Se non alcune rare sequenze, come quelle tra le nevi giapponesi, alcuni momenti indiani e pochi altri. Troppo pochi, purtroppo. Per il resto, senza parole o quasi, tutto scorre in un quasi anonimato.

Peccato. Sarebbe stato più interessante, anche se estremo, provante, magari assistere a un’opera coraggiosa della durata di 24 ore. Sì, come la giornata in questione. Un giorno vero. Impietoso e inesorabile realismo. O si poteva risparmiare, forse banalmente, mezz’ora acquistando in scorrevolezza. Fotografia che spesso lascia a desiderare nella quasi assenza di ricercatezza, seppur all’interno di una scena non costruita, naturale, il documentario rimane il tentativo non centrato di una grande idea.

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