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Cinespresso | April 18, 2024

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“Heart of a lion”: il cambiamento di un neonazista

“Heart of a lion”: il cambiamento di un neonazista
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
8.5
Regia
8
Script
8

Rating

Anche la paura può diventare fiducia, anche se il prezzo sarà alto. Tutto il gruppo di attori scelto dal regista è di alto livello. Ma le interpretazioni di Franzén e Pääkkönen mettono i brividi per l'energia.

Anno: 2013 Durata: 99′ Distribuzione: Unknown Genere: Drammatico Nazionalità: Finlandia Produzione: Helsinki Filmi Oy, Anagram produktion Regia: Dome Karukoski Uscita: Unknown

Per la sezione Alice nella Città, un intenso film finlandese sul difficile rapporto tra un ragazzino nero e il suo patrigno skinhead

Teppo (Peter Franzén) è un attivista di estrema destra. Inneggia fieramente con i suoi compagni alla Finlandia libera e bianca, e “combatte urbanamente” extracomunitari e stranieri dalla pelle più scura. Praticamente è un nazista. La svastica che ha sul petto disgusta la sua nuova ragazza, Sari (Laura Birn), ma l’uomo la convince a fargli conoscere comunque suo figlio, perché vuole cambiare vita facendosi una famiglia. Inizia un rapporto di terrore tra i due, ma poco a poco troveranno il modo di diventare uniti.

– Pensavi di preparare dei filetti di salmone?

– Ho paura

Lo scambio ironico tra il feroce Teppo e il piccolo Rhamadhani (Yusufa Sidibeh) per un coltello trovato sotto il cuscino del bambino terrorizzato. A complicare le cose sarà la presenza ingombrante quanto cupa del fratello Harri (Jasper Pääkkönen), dello stesso gruppo di skins.

Tutto il gruppo di attori scelto da Dome Karukoski è di alto livello. Ma le interpretazioni di  Franzén e Pääkkönen mettono i brividi per l’energia. E il bello è che la sceneggiatura riesce a confluirla anche in bei momenti sarcastici. Il primo, sulla via del cambiamento tra rabbia e sorriso, il secondo muscolare, sprofondato nell’odio, e aspirante soldato dell’esercito. La scrittura è ben equilibrata e ogni punto alla fine viene risolto. Il pregio di questa pellicola non sta tanto nel raccontare il mondo deviato di certe ideologie, cosa per di più già affrontata da molti altri film di diversi paesi. Sta invece nella narrazione del cambiamento, della comprensione. E ancora di più è nello sguardo all’interno, non solo della casa, ma dei personaggi oggetti di quel razzismo.

Così anche la paura può diventare fiducia, anche se il prezzo sarà alto. E la civiltà aggredita dall’inciviltà potrebbe diventare più incivile dell’inciviltà stessa. Il lungometraggio finlandese selezionato per Alice nella Città è un affresco attuale raccontato con lucidità e ordine. Da consigliare a un pubblico che sopporta le scene di violenza più efferate. (E quindi agli adolescenti ai quali è rivolta la sezione). Anche se il fine narrativo non si ferma sul sangue o sulle sprangate. Ma da lì vuole partire per raccontare molto di più, e molto di meglio.

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