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Cinespresso | April 24, 2024

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Run, boy, run: la fuga del bambino ebreo

Run, boy, run: la fuga del bambino ebreo
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
9
Regia
8.5
Script
9

Rating

Dramma intimo e globale di un ragazzino di otto anni forzato a diventare un uomo, un eroe, da orrori ed errori di quel decennio. Run, boy, run è un’opera struggente nella sua essenzialità non didascalica, ma profondamente umana. In una parola sincera.

Anno: 2013 Durata: 108’ Distribuzione: Radiant Films International Genere: Drammatico Paese: Germania, Francia Produzione: Bittersuess Pictures, Ciné-Sud Promotion, A Company Filmproduktion, B.A. Produktion, Quintefilm Regia: Pepe Danquart Uscita: Unknown

Irrompe al Festival del Film della capitale il racconto biografico di Slurik, il piccolo polacco ebreo che durante l’occupazione tedesca fuggì dai nazisti

La grazia, la testimonianza storica, la potenza narrativa e la caratura estetica di questo film ne fanno un gioiello che nella sezione Alice nella Città, al Festival Internazionale del Film darà filo da torcere agli altri concorrenti in gara. Si parte dal best seller biografico di Uri Olev, Lauf, Junge, Lauf, tradotto dall’ebraico al tedesco nel 2004 e edito in Italia nel 2012. La storia del piccolo Slurik, interpretato dai bravissimi gemelli Andrzeij e Kamil Tkacz ci catapulta nella Polonia occupata del 1942. Il padre braccato dalle SS gli impone un nome diverso, Jurik, non giudeo per salvarlo dal peggiore dei mali. E poi l’ordine di sopravvivere negando al prossimo la sua vera identità, dimenticando tutto, anche i genitori, ma mai di essere ebreo. Inizia così l’odissea di questo piccolo eroe.

Magda (Elisabeth Duda) lo ospiterà insegnandogli il segno della Croce e l’Ave Maria per proteggerlo durante le sue peripezie. Troverà lavori di campagna, un gruppo di bambini vagabondi come lui col quale ruberà verdura, formaggio, ciliegie, e un pollo, cuocendolo non spennato, imballato nel fango e posato sul fuoco come un selvaggio cartoccio. Il cast è azzeccato e di altissimo livello. La fotografia di Daniel Gottshalk, che accompagna il racconto è meravigliosa. Ogni minimo raggio solare è valorizzato a portare ancora più su il dramma intimo e globale di un ragazzino di otto anni forzato a diventare un uomo, un eroe, da orrori ed errori di quel decennio. E la regia sobria non perde un colpo mantenendo un equilibrio costante anche nelle ellissi temporali.

“Questa mangiala tu. Chissà cosa ti aspetta”

È il rifiuto del barcaiolo per l’offerta di una mela durante la traversata lungo un fiume. Jurek, tra la fuga dai tedeschi, le botte prese da alcuni fattori, i pasti e le simpatie ricevuti da altri, la protezione fortunosa di un ufficiale interpretato dal tagliente Rainer Bock percorre una storia raccontata in maniera per nulla scontata perché né pietista, né colpevolista o moralizzatrice. Tra flashback, fantasie infantili di abbracci materni, la fame atavica e disperata di cibo e libertà, il nasino di Slurik a guardare gli uccelli in volo da sdraiato su un prato, le fucilate nell’acqua delle SS e i cani da fiuto tra i boschi, tra le tante morti e la sopravvivenza, Run, boy, run è un’opera struggente nella sua essenzialità non didascalica, ma profondamente umana. In una parola sincera.

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