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Cinespresso | April 25, 2024

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“Li Turchi” a Roma per la terza volta

“Li Turchi” a Roma per la terza volta
Alina Laura De Luca

S’è aperto stamane il sipario sul Film Festival Turco di Roma che si svolgerà interamente al Multisala Barberini dal 26 al 29 settembre.

Nato dall’idea di stimolare l’incontro tra due culture, il festival giunge alla sua terza edizione con un programma animato e ricco di proposte, motivo di orgoglio per l’Ambasciatore della Repubblica di Turchia, Hakki Akil, che ha dato avvio alla conferenza stampa con la promessa di continuare a sostenere l’evento, piattaforma propizia per rafforzare le relazioni tra due Paesi amici nel Mediterraneo. In aggiunta all’intrinseco valore artistico, infatti, il Festival, nel favorire l’incontro tra il pubblico italiano e i migliori esempi del cinema turco, crea le basi per una collaborazione culturale e cinematografica: è questo l’auspicio del Sottosegretario del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, Faruk Sahin, che riferisce il notevole incremento nella produzione cinematografica turca (in un decennio è salito a 65 il numero dei film prodotti in un anno), accolta positivamente nei festival internazionali (molte le pellicole che hanno riportato Premi importanti dai Festival di Berlino, Rotterdam, Cannes) e seguita con sempre maggiore entusiasmo da parte del pubblico turco, ciò che ha fatto della Turchia il terzo Paese al mondo e il primo in Europa per numero di spettatori.

“I festival vengono organizzati per unire le storie delle persone che vengono da diversi posti del mondo e ci insegnano a guardare alle nostre vite con gli occhi degli altri, e ci danno la possibilità di vedere le esperienze vissute lontano da noi, proprio a casa nostra”, sottolinea, nel prendere la parola, Serap Engin, presidente del Film Festival Turco di Roma. “Eccoci di nuovo qui, a trovarvi ancora una volta con l’interpretazione dei giovani talenti e dei maestri, con i suoni e colori del cinema turco, con i sorrisi e con le lacrime”, continua il presidente, riassumendo così l’ampio raggio del cartellone in programma: 15 titoli sia di grandi produzioni (Devir-Il ciclo di Derviş Zaim, Şindiki zaman-Il tempo presente di Belmin Söylemenez, Jin di Reha Erdem), sia di progetti indipendenti (in programma anche cinque cortometraggi: Buhar-Il vapore, Evrenin sonu-La fine dell’universo, Musa, Istirahat Odasi-Sala da riposo, Belleksiz-Senza memoria).

“In questa occasione”, aggiunge il presidente Engin, “il Premio Speciale viene attribuito al cinema di Yilmaz Güney, al quale è dedicato la sezione ‘in memoriam’, su suggerimento di Ferzan Özpetek”, presente in sala in qualità di Presidente Onorario del Festival.

“Credo sia particolarmente significativo rendere omaggio al suo indimenticabile insegnamento in un periodo che vede crescere a dismisura l’abisso tra ricchi e poveri. È un periodo che ha il dovere e al tempo stesso la possibilità di ascoltare le storie di coloro che vivono ‘sull’altra costa’, ‘degli altri da noi’ verso i quali spesso non troviamo il coraggio di approfondire le conoscenze e la comprensione. La rivoluzione cinematografica di Güney, più che la tecnica e le innovazioni estetiche, riguardava il coraggio di sentire nonostante il dolore”.

Così Özpetek ha presentato il vero protagonista del Film Festival Turco di quest’anno, una presenza dal significato politico oltre che artistico: pioniere del Realismo Sociale, Yilmaz Güney ha proiettato nei suoi film, e testimoniato con la sua penna di scrittore, tutti i dolori della Turchia, rappresentando la speranza dei ragazzi delle periferie, la preoccupazione dei generali golpisti, l’amico dei poveri e la strada per le persone che sognano un futuro migliore, pagandone tuttavia il prezzo. Prima con la condanna, poi con il carcere, infine con l’esilio. Molte delle sue pellicole sono state eliminate, come il suo nome dalla storia del cinema turco, nonostante ne costituisca una pietra miliare.

“Per lui l’arte è per i popoli e ad essa dedicò la sua vita. Se si fosse dato ascolto ai suoi film, ora la Turchia non sarebbe quella che è”, afferma Fatoş Güney, gli occhi imperlati di lacrime pur a 29 anni dalla scomparsa del marito annientato da un carcinoma. Dopo un saluto in un timido italiano, ciò che resta dell’apprendimento in un istituto di suore frequentato da giovane, la vedova Güney prosegue in un accorato ricordo del regista e scrittore turco, facendo pubblicamente appello al Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia affinché i film firmati da Güney trovino sempre più spazio nelle reti nazionali turche, in modo da riscattare la tiepida accoglienza loro riservata, da troppo tempo ormai, nelle programmazioni televisive.

Nell’auspicio e in attesa che ciò avvenga, il Festival debutterà stasera con Soğuk-Il freddo del regista Uğur Yücel, un altro maestro del cinema turco. “Credo che per il pubblico e la stampa italiani questo film sarà l’occasione per scoprire una faccia della Turchia mai conosciuta fino ad oggi”, dichiara Özpetek, mentre il regista, presente in sala, sottolinea l’importanza che Roma, cuore dell’evento, e l’Italia tutta hanno avuto e continuano ad avere sui cineasti turchi, ricordando come il Neorealismo abbia influenzato enormemente la sua generazione e quella successiva. Di qui le numerose analogie tra il cinema turco e quello italiano, soprattutto per quel che riguarda lo spirito.

Dunque, “la settima arte” come ponte tra due culture, strumento di incontro, di scambio fecondo e di riflessione. Ai lettori è rivolto l’invito a vivere con questo spirito il Film Festival Turco di Roma, oltre all’augurio di una buona visione. İyi seyirler!

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