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Cinespresso | April 16, 2024

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La grande bellezza di Sorrentino corre per gli Oscar

La grande bellezza di Sorrentino corre per gli Oscar
Francesco Di Brigida

Review Overview

Regia
9
Cast
9
Script
8.5

Rating

Pellicola matura, splendida e imponente, in una sceneggiatura di dialoghi indimenticabili. Piacevole e implacabile. Che non fa sconti, ma al contempo porta con sé una profonda ironia.

Anno: 2013 Durata: 142′ Distribuzione: Medusa Distribuzione Genere: Drammatico Nazionalità: Italia, Francia Produzione: Indigo Film, Medusa Film, Babe Film, Pathé, France 2 Cinéma Regia: Paolo Sorrentino

Dopo gli applausi di Cannes, arriva la candidatura come film italiano per la cinquina che concorrerà alla Notte degli Oscar nella categoria Miglior Film Straniero

Ha battuto la concorrenza di film come Miele di Valeria GolinoSalvo di Grassadonia e PiazzaRazza Bastarda di Alessandro GassmanViva l’Italia di Roberto Andò. Ma ha superato anche Viaggio da sola di Maria Sole Tognazzi e Midway, tra la vita e la morte, di John Real. Per ora La grande bellezza di Paolo Sorrentino è stato selezionato a rappresentare l’Italia come alfiere del nostro cinema alla corte dell’Academy Awards, e soltanto il 16 gennaio verranno resi noti i nomi dei cinque candidati agli Oscar del 2014.

– Vorrei dire ai miei spettatori… Abbiate rispetto della vostra curiosità. Assecondatela. Molti la frenano.

– Perché la frenano?

– Perché sono pigri, moralisti, indolenti. Sono scettici. Oddio, anche ignoranti. Lo vuole sapere di che cosa tratterà il mio prossimo film?

È uno scambio durante l’intervista di Jep Gambardella (Toni Servillo) con un vecchio regista italiano, ovviamente fittizio, che tra ricordi e perle di cinematografica esperienza si apre al protagonista. Jep è un giornalista con alle spalle il successo di un romanzo d’esordio di 35 anni prima, L’apparato umano (che in molti vorrebbero vedere in una vera libreria, ndr), rimasto figlio unico della sua penna. In questo enorme lasso di tempo è diventato un intellettuale che si muove con ostentata leggerezza tra le frivolezze notturne e non di una borghesia romana consumata dai problemi che nega al suo benessere.

Jep a casa è spesso attorniato da ospiti, un circo di personaggi strani, positivi, disperati, misteriosi o terribili, quanto Servillo, straordinario direttore sotto il tendone e la regia di Sorrentino, è affiancato da un cast meraviglioso. Sui divani della sua terrazza in pieno centro si perdono in feste e si ritrovano in chiacchiere futili, pseudosolidali o acide la caporedattrice Dadina (Giovanna Vignola), la piccola  ed energica amica e confidente di Gambardella, Romano, un autore teatrale con ambizioni da Flaiano, ma anatroccolo triste e perdente sfruttato dalle donne giovani, che ha il volto affranto e fiducioso di Carlo Verdone (finalmente approdato a un altro genere che ne evidenzi ulteriormente il valore assoluto, ndr) e i coniugi Lello e Trameau (Carlo Buccirosso e Iaia Forte) legati da una sfilza di tradimenti di lui. E poi ci sono Viola e Stefania (Pamela Villoresi e Galatea Ranzi), l’una malcelatamente disperata per la follia del figlio e l’altra imbevuta delle falsità di una facciata familiare felice fondata sul vuoto avvolto nell’agio. Il punto fermo di ognuno di loro, lo specchio tollerante e accettabile di questa variegata compagnia è proprio Jep.

Ma io non volevo essere semplicemente un mondano. Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire

Così schiocca la voce fuoricampo di Servillo in una delle passeggiate capitoline di questo antieroe napoletano. Sorrentino gira notturni e albe che lasciano senza fiato. Racconta Roma accarezzandone l’essenza in piccole sontuosità dei dettagli su sculture e architetture, viste entrambe come la punteggiatura di un raffinatissimo racconto d’immagini. Le situazioni, di felliniano avrebbero soltanto elementi onirici, in realtà molti in meno di quanti sembrino. È in gran parte lirismo quello del regista. Si gioca su piccoli e grandi contrasti. Anche tra gli altri personaggi che vivono fuori dall’elegante attico del protagonista.

Il Cardinale Bellucci, nella figura adunca di un Roberto Herlitzka in gran forma è un ometto arrivista e mondano che di religioso ha giusto le vesti. La bella spogliarellista dolce e attempata che si lascia tentare dalla classe di Jep è una brava Sabrina Ferilli, e il chirurgo dispensatore di botox nel suo studio è un’istrionica presenza con il volto di Massimo Popolizio.

C’è molto altro cast, ci sono molto altro cinema e molte altre riflessioni. Dalla religione all’amore, dal dolore della perdita al pensiero fisso sui traguardi di sé stessi e al senso della vita. Un tutto che gira attraverso la cinepresa del regista partenopeo a ritmi alternati. Dove forse l’unica prolissità che l’autore si concede trova sviluppo con leggero eccesso di durata nella parte intorno alla Santa (Giusi Merli). Resta una pellicola matura, splendida e imponente, in una sceneggiatura di dialoghi indimenticabili. Piacevole e implacabile. Che non fa sconti ma al contempo porta con sé una profonda ironia.

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