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Cinespresso | March 29, 2024

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Benur, gladiatore dalla Bielorussia

Benur, gladiatore dalla Bielorussia
Francesco Di Brigida

Review Overview

Cast
8
Regia
7
Script
7

Rating

Un film che riesce a provocare il riso del pubblico quanto la sua commozione merita sempre un’importante dose di interesse

Anno: 2012 Durata: 98’ Distribuzione: Movimento Film Genere: Commedia Nazionalità: Italia Produzione: Combo Produzioni, Rai Cinema Regia: Massimo Andrei

Dopo due fortunate tournée teatrali Benur diventa un lungometraggio e approda come film in concorso al Flaiano Film Festival

Leggendo la locandina senza conoscerla sembrerebbe un refuso, una parola inspiegabile o uno scherzo. Invece Benur – Un gladiatore in affitto, è la storia di Sergio (Nicola Pistoia) detto per l’appunto Benur, professione gladiatore turistico al Colosseo ed ex-stuntman a Cinecittà. La vita è amara e faticosa per Sergio: una ex-moglie che lo perseguita per gli alimenti al figlio, un lavoro poco redditizio, un’anca malconcia da un incidente sul set, e come se non bastasse, vive con una sorella depressa che tira avanti prestando la voce a una chat erotica.

Però è in arrivo in città un uomo che viene dalla Bielorussia e che stravolgerà la vita di rabbie quotidiane di Sergio e della triste Maria, interpretata da Elisabetta De Vito. Milan (Paolo Triestino) aiuterà Sergio a sfangarla tra il lavoro al Colosseo e quello di restauratore di appartamenti, ma la comicità dell’incontro di un romano di borgata e un bielorusso alle prime armi con l’italiano lascerà piccole e profonde incursioni al dramma dello sfruttamento e al ricatto del gladiatore italiano.

La De Vito, con un’interpretazione meravigliosa, fa lentamente rifiorire il suo personaggio durante la pellicola segnandone le tappe di pari passo all’inserimento di Milan nella quotidianità dei due fratelli.  Dai suoi occhi spenti che si ravvivano nell’acquistare sedie da Ikea, alla sua voce che da monotona nelle discussioni con il fratello si fa suadente nelle telefonate hot, ricorda un po’ una signorina Silvani più  bonaria e casalinga.

Spassosa e alla Vaffanzum di Amici miei la canzonetta dei due centurioni ubriachi a festeggiare al bar del Colosseo. Irresistibili le gag tra il romano e il bielorusso con calembour e intuizioni comiche capitoline, Pistoia mantiene comunque un character muscolare, fatto di risentimento e convenienza e con la vena della battuta facile, mentre un’attenzione particolare l’attira il Milan di Triestino. Bofonchia tra russo e italiano, imparando poi il romanesco, rende la sua fisionomia da massiccia a piccola e umile assoggettandosi ai suoi sfruttatori. Suona e canta in russo, balla, aggiusta e monta sedie portando sullo schermo un personaggio da neorealismo. Che nel suo essere romanzato porta verità. Simile a tanti lavoratori che popolano anonimi le periferie di Roma e ogni mattina percorrono chilometri in mille modi, verso il centro o chissà dove, per otto o dieci ore a sgobbare, malpagate e non a norma.

Accompagnati dalle musiche di Nicola Piovani, i tagli di Massimo Andrei sanno essere impietosi e senza indugio sui palazzoni grigi di periferia. Dei mini-mondi ombrosi lontani anni luce dalla spensieratezza turistica del centro storico, e dove il sogno di passare una bella giornata è legato alla panacea di una passeggiata voyerista in un centro commerciale. Il contrasto tra il camion di maiali che avvolge il silenzio stremato dei clandestini in arrivo nella capitale e le insegne al neon dei grandi locali di poker e scommesse nella periferica illusione di gioia e opulenza è raggelante. Utilizzando dei segni amari, Andrei rende viva una storia profondamente umana mantenendo comunque il mood della commedia. Raccontando molto bene le idiosincrasie della grande città del centro Italia e le piccole e grandi nevrosi, sconfitte e disavventure dei suoi abitanti e forestieri, così da far assomigliare la storia di Milan e Sergio a quell’Italietta di mostri e adorabili farabutti che popolavano il cinema di Risi e Monicelli.

Benur presenta delle ellissi temporali che spezzano le scene tra loro. Una non sfumatura gradevole e azzeccata per questa sceneggiatura. Propone anche qualche vuoto su alcuni personaggi, ma nonostante questo, un film che riesce a provocare il riso del pubblico quanto la sua commozione merita sempre un’importante dose di interesse.

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