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Cinespresso | April 25, 2024

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Intervista con Luca Ward 2/2

Intervista con Luca Ward 2/2
Francesco Di Brigida

Continua con la seconda parte la nostra intervista con l’attore che ha doppiato Pierce Brosnan nei suoi 007, Hugh Grant in Quattro matrimoni e un funerale, Brandon Lee de Il Corvo e Kevin Costner in Robin Hood

La sua voce ha impersonato grandi attori, altri divenuti icone e qualche sex symbol affascinando tanto i cinefeli quanto le scatenate fan. Soltanto coprendo Russell Crowe è diventato la voce dei protagonisti di L.A. Confidential, Rapimento e riscatto, Master & Commander, Cinderella Man, Un’ottima annata, Quel treno per Youma, Nessuna verità, The next three days, Les Misérables e L’uomo con i pugni di ferro, oltre all’Uomo d’Acciaio. Il timbro di Luca Ward è inconfondibile, un vero e proprio marchio di fabbrica per personaggi suadenti, carismatici e determinati. Proprio da qui è proseguita la nostra conversazione.

Parliamo della tua voce. Ascoltandola si capisce che copri solo un certo tipo di attori. Caratteri forti insomma. Ma d’altra parte la tua timbrica t’impedisce naturalmente di doppiarne altri che non corrispondono alla tua fisionomia vocale.

«No certo, ma è anche giusto che sia così. Io presto la voce a tantissimi di loro da Brosnan a Crowe, a Keanu Reeves Hugh Grant. Sono tanti, poi si può cercare di modificare il modo di recitare, però mi ritengo abbastanza fortunato ad avere doppiato queste colonne. Che poi sono interpreti molto diversi tra di loro. Pensa a Samuel Jackson, quando ancora lo doppiavo. Ma poi ha preso purtroppo altre strade… Trovo che la voce in sé sia già un miracolo, e riuscire a metterla su questi meravigliosi attori non può essere che un onore».

E qualche altro attore che avresti voluto doppiare, ma che invece non hai potuto ricoprire per via del tuo timbro?

«Avrei voluto doppiare Sean Connery, ma non è stato possibile perché non avevo l’età giusta. Mi sarebbe piaciuto il Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, ma anche lì ero troppo giovane, e poi troppo grande per le versioni più recenti».

Sul lavoro qual è il tuo vero habitat naturale, la sala di doppiaggio o il set?

«Tutte e due. Anzi, sala, set e teatro. Mi trovo bene in tutte e tre. Il set è molto impegnativo a livello fisico perché ci si stanca tanto, alzandosi molto presto. Nel doppiaggio ci sono orari più abbordabili. Il teatro invece si fa di sera, e così cenando tardissimo finisce che cambi metabolismo. Ma a parte questo, sono assolutamente affascinanti nello stesso modo».

A proposito di cene, hai una voce seducente, doppi sex-symbol, ma sai cucinare?

«Io sono un mago in cucina».

E cosa cucini di solito?

«Di tutto. Tutto sulla cucina italiana. Su quella estera invece proprio no. Non saprei fare un cous cous ad esempio. Anche se mi piace molto. La cucina romana mi piace moltissimo. Mia moglie però l’ho conquistata con un piatto di fegato alla veneta. E considera che lei è un’ottima forchetta, e insieme alla mamma sono due grandi cuoche. Infatti ogni tanto le chiedo: “Ma perché non avete aperto un ristorante?” Però posso dire in cucina sono proprio forte. Più forte che qua». (Indicando il leggio e sorridendo soddisfatto, ndr).

Senza falsa modestia?

«No, no credimi. Ho imparato bene da mia madre, sapeva cucinare divinamente… Poi a me è sempre piaciuto!»

Allora dovresti andare a MasterChef…

«Ma no dai, poi mi dispiacerebbe far perdere tutti questi ragazzi! “Già questo c’ha il doppiaggio, e ora si dà anche alla cucina!” Meglio di no, davvero». (Ridendo divertito, ndr)

Se dovessi un giorno aprire un ristorante toccherà venire per recensirlo…

«Ah, se voi parlate di cibo, figurati. Io poi mi diverto. Io e mia moglie abbiamo una grande cucina che per la forma assomiglia a una nave, con un’isola centrale, e spesso ci sfidiamo. Altre volte organizziamo con gli amici delle gare di cucina. In giardino abbiamo delle vecchie cucine che rimettiamo in funzione per l’occasione, e ci divertiamo come pazzi. Ovviamente invitiamo amici che hanno una grande passione per la cucina e passiamo intere giornate così! Vengono fuori cose fantastiche, tutti si divertono da morire, e si passa una giornata in allegria. Anche i miei figli hanno iniziato a sbizzarrirsi così. Il piccolo, Lupo, che ha cinque anni già fa le torte. Il forno lo controlliamo noi, ma sugli impasti lavora da solo».

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