Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Cinespresso | April 20, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

Intervista con Luca Ward 1/2

Intervista con Luca Ward 1/2
Francesco Di Brigida

È la più famosa voce italiana di Russell Crowe, in questi giorni al cinema con il nuovo Jor-El in Man of Steel, e rimane indimenticabile nel Gladiatore di Ridley Scott. Il doppiatore ci parla del suo lavoro e della sua passione per la cucina

Abbiamo raggiunto Luca Ward mentre era alla direzione del doppiaggio della nuova serie Bates Motel. Ha prestato la voce ad attori come Tom Hanks in Addio al celibato, Robert Downey Jr. in Sherlock Holmes, Dwain “The Rock” Johnson in Fast and Fourious 6, Samuel L. Jackson in Pulp Fiction e Keanu Reeves, il Neo di Matrix e una lista sterminata di altri. Noto anche per diversi ruoli da cattivo – ma non solo – in film e fiction, e doppiatore tra i migliori della sua generazione, dal leggio della sala ci ha accolto con l’aria di un uomo gentile ma con i tratti del duro. E con un tono di voce caldo e rilassato che lasciava a malapena trapelare l’identità dei personaggi estremi che ha interpretato ha risposto alle nostre domande. Qui di seguito la prima parte della nostra conversazione.

Jor-El è il padre di Superman. Pur non essendo il protagonista parla molto più di Clark Kent. Una sorta di deus ex machina narrativo del film. Come ti sei trovato con questo personaggio?

«Devo dirti bene. Dice delle frasi che sono molto epiche, monumentali se vogliamo. Ed è bello questo rapporto che si instaura durante il film, perché poi il padre diventa un ologramma, ma sempre continuando ad esserci. Continua a seguire questo figlio eccezionale che ha. Mi sono trovato bene non solo nel lavorare su Russell Crowe, ma anche con la Warner perché ci ha messo a disposizione il tempo, che è una cosa fondamentale per fare un buon doppiaggio. Oggi ne abbiamo sempre molto poco. Ecco perché i doppiaggi, purtroppo ahi noi e ahi voi, diventano sempre più scadenti. Invece credo che con L’Uomo d’Acciaio, nella totalità del lavoro svolto e delle umanità impiegate al servizio del film, la Warner ci abbia offerto il giusto tempo per confezionare un lavoro di giusta qualità per il pubblico».

Di Russell Crowe sei quasi la voce ufficiale, e su di lui ti avranno chiesto di tutto. Proviamo a fare un gioco: un giorno tu e lui insieme su un set. Che ruoli avreste?

«Lui il positivo e io il cattivo. O anche due positivi insieme. Potremmo essere due splendidi poliziotti. Un Attenti a quei due, però in versione un po’ dark, se vuoi. No? Potrebbe essere divertente, ma credo che rimarrà solo un sogno». (Ridendo, ndr).

Quali sono stati invece i ruoli più complessi da coprire? Uno in doppiaggio e uno sul set…

«Sono sempre appuntamenti complessi perché qui si tratta di farci credere le persone, il pubblico. E vale nel doppiaggio come nella televisione o nel cinema, quindi ogni volta è una scommessa. È chiaro che noi ce la mettiamo tutta, in prodotti con più alto budget o meno, ma ci impegnamo in tutti i modi a fare il meglio… anche se non tutte le ciambelle riescono col buco! Qualcosa probabilmente la sbagliamo un po’ tutti, no?»

C’è qualche personaggio, magari anche meno famoso, del quale vai più fiero? O al quale sei più affezionato?

«Dei film che ho doppiato posso dire tutti, perché sono diventati quasi tutti dei cult movie. Ne ho fatti tanti, non so neanche dirtene il numero, ma tanti. Ho avuto anche la fortuna di essere diretto da grandi maestri del doppiaggio che mi hanno insegnato questo mestiere, da Pino Colizzi (voce di Jack Nicholson, ndr) a Pino Locchi (Sean Connery). Ma anche Renato Izzo (Dennis Hopper) e Rossella Izzo (Meryl Streep), Giuseppe Rinaldi (Paul Newman), sono una serie lunghissima. Per i film come attore, per me ce n’è uno sopra tutti che è 7 Km da Gerusalemme. È un film che purtroppo in Italia non ha avuto il successo che avrebbe meritato perché di produzione indipendente, perché aveva un tema difficile. Uno di quei film che se lo si può tenere all’angolo è meglio. Era piuttosto pretenzioso, ma ti fa riflettere molto sulla cristianità e sul nostro rapporto con la fede. È stato girato nel 2005, tra l’altro con i finanziamenti del Ministero. E gli italiani non hanno avuto il piacere di vederlo pur avendolo sovvenzionato».

Fu proiettato solo a Roma…

«Si, uscì in 3 cinema, ma viene proiettato in molte diocesi da preti che sono riusciti ad avere la pellicola che ispira al dialogo».

Neanche nel circuito televisivo?

«No. Lo ha avuto la Rai. Ne detengono i diritti d’antenna ma non lo si vede mai nei palinsesti. Ed è un peccato, perché sarebbe una prima serata meravigliosa. Loro che si lamentano degli ascolti bassi potrebbero raccogliere qualcosa di più. Invece è stato allontanato il pubblico, soprattutto i giovani dalla televisione. E questa è una cosa preoccupante. Ci sono delle cose che è giusto che gli italiani vedano. E poi non ci dobbiamo dimenticare che i finanziamenti del Ministero per il cinema sono soldi nostri. Miei, tuoi, di tutti. Quindi se un film è stato prodotto con i “miei” soldi, io comunque lo voglio vedere, poi lasciate giudicare a noi pubblico se ci piace o no, ma mandatelo in onda. Perché no? Poi magari tocca vedere sempre le stesse facce. Facci caso, c’è sempre la stessa Ferrari smotorata che magari non va». (Aprendosi un grande sorriso, ndr).

 Continua…

Submit a Comment